Nel 2013, una meteora di circa 15 metri di diametro e una massa di 10.000 tonnellate si è frantumata sopra la città russa di ?eljabinsk. L’esplosione è stata più forte di un’esplosione nucleare: quasi 1.500 persone sono rimaste ferite e oltre 7.000 edifici sono stati danneggiati. Nel 2068, gli astronomi credono che l’enorme asteroide Apophis potrebbe colpire la Terra. Sono solo due esempi che ci ricordano come l’uomo e qualsiasi altro animale o pianta che vive sulla Terra siano a rischio di catastrofi di origine spaziale.
Proprio per questo, gli esperti dell’Università dell’Arizona hanno proposto un concetto stravagante per salvarci tutti: una versione del XXI secolo dell’Arca di Noè… sulla Luna. Quest’Arca non conterrebbe due esemplari di ogni animale sulla Terra, ma un archivio di cellule riproduttive ibernate di 6,7 milioni di specie presenti sul nostro pianeta. Secondo Jekan Thanga, professore del Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale e mente dietro questo progetto, potrebbe essere considerata come una sorta di assicurazione globale. “Come civiltà umana, siamo in uno stato fragile. Non siamo così inflessibili o in grado di affrontare tutti i tipi di avversità. E anche l’ecosistema della Terra è molto fragile”, afferma Thanga.
E così lavorando da due con un team di studenti, è venuta fuori l’idea dell’Arca lunare, che sarebbe un rifugio per l’archiviazione di materiale genetico delle piante e degli animali più importanti della Terra. Dalla rete di tunnel di lava al di sotto della superficie lunare, dove gli scienziati sperano di costruire la struttura, al parco solare sulla Luna che genera elettricità per la struttura nel sottosuolo fino a tecnici di laboratorio robotici, l’Arca lunare sembra il set di un film di fantascienza. Ma secondo Thanga, la possibilità di un simile rifugio è molto reale e potrebbe essere realizzata nei prossimi decenni.
La Luna come un’unità di archiviazione
Il team di Thanga ha passato gli ultimi 7 anni a studiare l’estesa rete di oltre 200 tunnel di lava appena al di sotto della superficie rocciosa della Luna, ossia i tunnel sotterranei dove un insediamento lunare avrebbe più senso. Questi tunnel si sono formati miliardi di anni fa quando flussi di lava si sono fusi attraverso il sottosuolo roccioso. Anche se hanno un diametro di 100 metri e potrebbero fornire un riparo dalla radiazione solare, dai micrometeoriti e dalle rigide temperature superficiali, non sono uno spazio particolarmente accogliente in cui far vivere le persone.
“Creare una base all’interno di un tunnel di lava sembra una strada plausibile se vogliamo stabilire un insediamento permanente sulla Luna”, spiega Thanga, ma questi condotti lunari potrebbero non essere compatibili con le condizioni umane. “Noi umani non siamo talpe. Ci sentiremmo abbastanza soffocati a stare nel sottosuolo senza essere in grado di vedere fuori”, aggiunge. Quindi qual è il miglior utilizzo di un vicino corpo celeste con un ambiente stabile, per raggiungere il quale servono solo 4 giorni con una missione di rifornimento? Trasformarlo in una sorta di deposito dei dati più preziosi sulla Terra: le nostre cellule riproduttive.
L’Arca di Noè 2.0
Gran parte dell’ispirazione di Thanga per l’Arca lunare include i tipi di materiali che si utilizzerebbero per costruire una struttura sulla superficie della Luna. Thanga e colleghi hanno proposto di inviare robot saltellanti e volanti in miniatura nei tunnel di lava lunari per raccogliere campioni di regolite, ossia l’insieme di sedimenti, polvere e frammenti di materiale che compongono lo strato più esterno della superficie della Luna. Poi i ricercatori potrebbero esaminare questi campioni per conoscere disposizione, temperatura e composizione dei tunnel di lava, che infine guiderebbero le idee di progettazione della base.
“Quello che immaginiamo è prendere uno dei tunnel di lava, giusto l’apertura, e installare un ascensore”, spiega Thanga. L’ascensore funzionerebbe come entrata e uscita dai moduli di crioconservazione al di sotto della superficie lunare. Robot o astronauti potrebbero usare gli ascensori per controllare i campioni nelle piastre di Petri, proprio come in una biblioteca. I piani includono anche spazio per un secondo ascensore che robot o astronauti potrebbero utilizzare per trasportare il materiale da costruzione al di sotto della superficie, al fine di espandere la basa dall’interno dei tunnel di lava.
Per mandare messaggi sulla Terra, servirebbe un’antenna parabolica alla superficie della base. Per l’energia elettrica, l’Arca lunare utilizzerebbe un set di pannelli solari, proprio come un parco solare sulla Terra, per trasformare la luce solare in elettricità. Ma a seconda di dove sarà la base, la superficie della Luna potrebbe attraversare 12 giorni di luce e 12 di buio, fa notare Thanga. Il suo progetto prevede batterie modulari che manterranno le luci accese e la giusta temperatura per i campioni.
Lo Svalbard Global Seed Vault in Norvegia potrebbe essere un corrispettivo terrestre dell’Arca lunare. Ma conservare 6,7 milioni di gameti, spore e semi non è lo stesso nello spazio e sulla Terra; ci sono ulteriori sfide a causa della microgravità sulla Luna e delle temperature più basse. Per preservare i campioni con le tecniche di crioconservazione, le persone o i robot dovrebbero conservare i semi a -180°C e le cellule a -195°C, ossia temperature molto più basse dell’interno dei tunnel di lava, che solitamente rimangono stabili a circa -26°C. Per far fronte a questi problemi, la struttura potrebbe utilizzare un apparecchio, simile ad una betoniera, che utilizza la forza centrifuga per mantenere i moduli in movimento. Nel frattempo, i robot connessi ad un nastro magnetico potrebbero rimuovere i campioni dai loro moduli e trasportarli in un laboratorio di analisi, controllando periodicamente se sono stabili.
250 lanci in 30 anni
Anche se suona tutto inverosimile, Thanga ha affermato che l’Arca lunare potrebbe essere possibile nei prossimi 30 anni, soprattutto se compagnie private come SpaceX e Blue Origin continueranno ad abbassare i costi dei lanci spaziali. Secondo alcuni calcoli approssimativi, Thange stima che servirebbero 250 lanci per trasportare 50 campioni di ognuno dei 6,7 milioni di specie che il team vuole preservare sull’Arca lunare. Per dare una prospettiva, sono serviti 40 lanci per costruire la Stazione Spaziale Internazionale.
Nel caso in cui un devastante asteroide dovesse colpirci, non ci resterà che sperare che qualcuno sappia arrivare sulla Luna e utilizzare le cellule riproduttive conservate nell’Arca lunare per far riprodurre le specie.