L’infermiera simbolo nella lotta al Covid-19: “Ho pensato davvero di non farcela. Il momento più bello? Quello del vaccino”

Martina Benedetti, divenuta simbolo della lotta al Covid dopo una foto pubblicata sui suoi profili social con il volto segnato dalla mascherina indossata per ore, ha raccontato il suo anno
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Martina Benedetti, infermiera simbolo nella lotta al Covid-19, è intervenuta ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format “I Lunatici”, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, in diretta dalla mezzanotte alle sei del mattino, dal lunedì al venerdì notte.
Martina Benedetti, divenuta iconica dopo una foto pubblicata sui suoi profili social con il volto segnato dalla mascherina indossata per ore, ha raccontato il suo anno: “Se dovessi riassumere questi dodici mesi non saprei da dove partire. Non è stato un anno, me ne sono sentiti addosso dieci. Un po’ perché sono piombata in qualcosa di molto più grande di me, non pensavo di trovarmi a far fronte ad una pandemia a lavoro, non pensavo di trovarmi a lavorare in una terapia intensiva covid. Il carico di lavoro è stato elevato, la fatica è costante, penso che si ripercuoterà anche in futuro. E anche dal punto di vista emotivo, il carico è stato enorme. Non ho mai creduto che il problema legato al covid 19 si risolvesse in breve tempo, sono sempre stata pessimista, immaginandomi il decorso di una pandemia non credevo che saremmo tornati presto alla totale normalità. Anzi, per un po’ di tempo credo che dovremo trovare una nuova normalità, continuando a convivere con mascherina, distanziamento e precauzioni varie. Immagino che un domani, anche se saremo vaccinati, andando all’aeroporto indosseremo comunque la mascherina“.
Benedetti prosegue: “Anche per noi che lavoriamo in queste situazioni è pesante trovarsi a lavoro nel turbine emotivo e lavorativo e poi uscire e trovarsi in lockdown. Non hai svago né a lavoro né fuori. Ci tengo a dirlo, a noi operatori sanitari non è che piaccia il lockdown. Se chiediamo di rispettare le regole è proprio per uscirne presto tutti“.
Sui comportamenti delle persone nei suoi confronti ha dichiarato: “Un anno fa eravamo eroi, angeli. Ora ci sono due parti di popolazione. Una parte comprende il nostro lavoro, un’altra percentuale di persone invece se la prende con noi, mi scrivono frasi tipo ‘stai zitta, tu hai lo stipendio statale’, oppure ‘basta’, mi arrivano messaggi di questo tipo. Ce ne sono anche molti che arrivano da no vax, complottisti, negazionisti. Un anno fa eravamo tutti eroi, oggi invece ci rimproverano un qualcosa che francamente neanche riesco a capire. In reparto noi diamo tutto, lavoriamo a ritmi frenetici, cerchiamo di dare il meglio, uscire e trovare questo astio è brutto. Fortunatamente non tutti la pensano così. Spero che la maggior parte della popolazione stia dalla nostra parte. Dalle persone ricevo affetto, ma anche insulti e minacce. Mi minacciano di denunciarmi all’ordine, oppure mi dicono che devo stare solo zitta e lavorare. Vorrebbero zittirmi, mi dicono che devono fare solo il mio lavoro, che non devo rompere le scatole. E’ molto triste questa cosa. Anche l’infermiera simbolo che si è vaccinata ha ricevute tante minacce. Anche in ambito vaccini tanti esprimono in modo poco carino la loro opinione. Il giorno più difficile? Per me è stato durante la seconda ondata. Ho avuto un momento di crollo fisico, ho pensato di non farcela più, ho pensato di non riuscire più a fare questo lavoro, a stare a contatto h24 con la sofferenza, a sognarmi il paziente, a non dormire, ho dovuto chiedere aiuto a uno psicologo per star meglio. La seconda e la terza ondata stanno andando avanti da metà ottobre, sono mesi, un tempo lungo che sembra non trascorrere mai. Dopo le festività natalizie ho avuto un crollo emotivo. Ho pensato davvero di non farcela. Il momento più bello? Quello del vaccino. Quando ho fatto la dose di vaccino, ho fatto anche la seconda dose. L’ho visto come un giorno di speranza“.
Sul futuro: “Nelle terapie anti covid è stato sicuramente fatto un passo avanti oggettivo, abbiamo molti più studi e dati clinici e conosciamo meglio questa malattia. La trattiamo sicuramente meglio. Poi voglio dire una cosa. Il 2020 si è aperto con una pandemia, il 2021 si è aperto con una speranza, che è quella del vaccino e della vaccinazione di massa“.

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