La terra trema, il cielo tuona. Ma non è un terremoto nè un temporale. Mancano pochi minuti all’una di notte di Lunedì 15 Marzo e iniziano a tremare i vetri e i muri di casa, da fuori si odono intensi boati. Apriamo la finestra, è l’Etna lì di fronte a noi è nel pieno di un nuovo parossismo. Il 13° dell’ultimo mese, con altissime fontane di lava. Siamo a 80 chilometri di distanza, oltre lo Stretto di Messina, a Reggio Calabria. Ma sembra di essere proprio ai piedi del vulcano: il suo urlo è così forte che sembra di sentirne il fiato. Un respiro impetuoso che ulula nell’aria e fa vibrare il suolo.
Persino a Soverato, quasi 200km di distanza, è la notte dell’Etna: la popolazione di risveglia e non riesce neanche a capire cosa sta provocando questi boati e tremori continui, alternati come il respiro di un gigante, imponenti come se venissero dal cielo.
Anche i calabresi sono figli dell’Etna, nonostante il mare che li separa dal vulcano generoso con la sua cenere portatrice di fertilità tanto al catanese quanto alle colline d’Aspromonte o alla piana di Gioia Tauro.
E se ogni buon amante della natura ama addormentarsi ascoltando il dolce suono della pioggia o scorgendo dalla finestra i bagliori di fulmini e saette, la notte ai piedi dell’Etna in eruzione è la catarsi totale. Una potenza da brividi, selvaggia e genuina. Che coccola i suoi figli anche oltre il mare ad oltre 100km di distanza.