Sars-CoV-2 è stato identificato sulla superficie oculare del 57,1% dei pazienti COVID da un team di ricercatori italiani, autori di uno studio condotto in Lombardia, una delle regioni del Nord Italia più colpite dalla pandemia.
La ricerca, firmata da scienziati e specialisti dell’Asst dei Sette Laghi e dell’università dell’Insubria a Varese, è stata pubblicata su ‘Jama Ophthalmology’.
Gli esperti si sono chiesti qual è la presenza qualitativa e quantitativa di Sars-CoV-2 sulla superficie oculare dei pazienti COVID ricoverati in terapia intensiva e per rispondere al quesito hanno utilizzato il saggio di reazione a catena della polimerasi-trascrizione inversa (Rt-Pcr), eseguendo un tampone congiuntivale. Su 91 pazienti esaminati, 52 avevano il virus anche nelle lacrime (57,1%). Sars-CoV-2 – sottolineano gli autori – può essere rilevato sulle superfici oculari di pazienti con COVID-19 anche quando il tampone nasofaringeo è negativo.
“I risultati dello studio – è stato precisato – suggeriscono che il virus può diffondersi dalle superfici oculari all’organismo“.
La ricerca è stata condotta tra il 9 aprile e il 5 maggio 2020, prima ondata di COVID-19: sono stati esaminati anche i tamponi congiuntivali di 17 volontari sani aggiuntivi senza sintomi dell’infezione per valutare l’applicabilità del test. Età media dei 108 partecipanti (55 donne e 53 uomini) arruolati: 58,7 anni. Gli autori hanno rilevato un’ampia variabilità della carica virale media da entrambi gli occhi. In un sottogruppo di 41 pazienti, è stata trovata una concordanza del 63% tra i risultati positivi del test congiuntivale e del tampone nasofaringeo se eseguiti entro 2 giorni l’uno dall’altro. In 17 pazienti i risultati del tampone nasofaringeo erano negativi e in 10 di loro il tampone congiuntivale era ugualmente positivo.
Non è stato possibile determinare l’infettività delle lacrime, ma gli esperti hanno potuto constatare come il virus fosse presente sulla superficie oculare di gran parte dei pazienti. Considerato che alcuni possono risultare positivi al tampone congiuntivale e non a quello nasofaringeo il test potrebbe essere valutato come esame diagnostico supplementare, hanno spiegato i ricercatori.
“Molte persone risultano positive al virus senza alcun segno di malattia“, è stato precisato. L’Rna di Sars-CoV-2 è stato trovato “nel tratto nasofaringeo e nel drenaggio bronchiale, nella saliva, nelle lacrime, nelle urine, nelle feci ma non nei liquidi seminali“. Gli autori dello studio, nell’analizzare il contesto in cui si è cresciuta la trasmissione del virus, hanno anche accennato al ruolo dello smog: “E’ noto che i particolati atmosferici fungono da trasportatori per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus, che aderiscono alle polveri sottili, particelle che sono in grado di rimanere nell’atmosfera per ore, giorni o più a lungo, soprattutto in un clima non ventoso e a elevata presenza di inquinamento atmosferico come la Pianura Padana in Lombardia“.
Quanto alla contaminazione delle lacrime, “si ipotizza che il virus possa diffondersi nel liquido lacrimale delle ghiandole lacrimali a causa della viremia sistemica, come è stato dimostrato per l’Hiv“, ma “tra le teorie qui descritte, il contagio diretto da goccioline trasportate dall’aria sembra essere la teoria più probabile“, e il virus “può diffondersi nel corpo attraverso il dotto nasolacrimale. Questo contagio avviene nonostante l’uso di mascherine“. “Il caso clinico dell’oftalmologo di Wuhan, Li Wenliang“, il medico-eroe tra i primi a perdere la vita in Cina, “può essere un esempio di tale diffusione. I risultati supportano l’uso di protezioni per gli occhi per le persone che lavorano in ambienti in cui è possibile l’infezione per via oculare“.