Antartide, confermate per la prima volta le evidenze del punto di non ritorno del ghiacciaio Pine Island: potrebbe subire un ritiro irreversibile

Lo scioglimento del ghiacciaio di Pine Island, nell’Antartide occidentale, potrebbe superare il punto di non ritorno, portando ad un rapido e irreversibile ritiro
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I ricercatori hanno confermato per la prima volta che lo scioglimento del ghiacciaio di Pine Island, nell’Antartide occidentale, potrebbe superare il punto di non ritorno, portando ad un rapido e irreversibile ritiro che avrebbe notevoli conseguenze per il livello globale del mare. Il ghiacciaio di Pine Island è un’area grande quanto circa i due terzi del Regno Unito ed è causa di preoccupazione poiché sta perdendo più ghiaccio di qualsiasi altro ghiacciaio in Antartide. Attualmente, Pine Island insieme al ghiacciaio Thawaites è responsabile di circa il 10% dell’attuale aumento del livello globale del mare.

Da qualche tempo gli scienziati sostengono che questa area dell’Antartide potrebbe raggiungere un punto di non ritorno e subire un ritiro irreversibile dal quale potrebbe non recuperare. Una volta iniziato, questo ritiro potrebbe portare al crollo dell’intera calotta glaciale dell’Antartide occidentale, che contiene abbastanza ghiaccio da far aumentare il livello globale del mare di oltre 3 metri.

Ora i ricercatori della Northumbria University, guidati da Sebastian Rosier, hanno dimostrato, per la prima volta, questa possibilità. I loro risultati sono stati pubblicati sulla rivista The Cryosphere. “La possibilità che Pine Island fosse entrato in una fase instabile di ritiro era già stata sollevata, ma il nostro studio è il primo a confermare che supera questa soglia critica”, commenta Rosier.

ghiacciaio pine island
Copyright ESA, CC BY-SA 3.0 IGO

Utilizzando un modello del flusso glaciale d’avanguardia, sviluppato dal gruppo di ricerca di glaciologia della Northumbria University, il team ha sviluppato i metodi che permettono l’identificazione dei punti di non ritorno all’interno delle calotte glaciali. Per il ghiaccio Pine Island, lo studio dimostra che ha almeno 3 diversi punti di non ritorno. Il terzo e ultimo evento, innescato dall’aumento delle temperature dell’oceano di 1,2°C, porta ad un ritiro irreversibile dell’intero ghiacciaio. I ricercatori affermano che le tendenze a lungo termine del riscaldamento e della formazione di banchi nell’acqua profonda circumpolare, in combinazione con i cambiamenti dei modelli di vento nel mare di Amundsen, potrebbero esporre la piattaforma di ghiaccio di Pine Island ad acque più calde per periodi di tempo più lunghi, rendendo i cambiamenti di temperatura di questa entità sempre più probabile.

Pine Island e Thwaites “sono sotto sorveglianza da parecchi anni – spiega all’ANSA Massimo Frezzotti, docente di Geografia fisica presso l’Università di RomaTre e ricercatore dell’Enea – ma finora i modelli glaciologi non erano riusciti a riprodurre i dati emersi con le osservazioni satellitari. Questo modello conferma che le soglie limite sono già state superate, per via dell’ingresso di acque calde dall’oceano”. La temperatura delle acque in Antartide, continua Frezzotti, “è di -2°C, ma ora stanno entrando acque di 2-3°C, con grande temperatura di fusione“. Si è così osservato che “dove i punti dove i ghiacciai si stanno ritirando a contatto tra ghiaccio o oceano, è proprio dovuto a queste acque calde“.

Hilmar Gudmundsson, professore di glaciologia ed ambienti estremi, che ha lavorato con Rosier allo studio, conclude: “La possibilità che il ghiacciaio di Pine Island entrasse in un ritiro instabile era stata sollevata prima ma questa è la prima volta che questa possibilità è stata stabilita rigorosamente e quantificata. Questo è un grande passo avanti nella nostra comprensione delle dinamiche di questa area e sono entusiasta che ora siamo in grado di fornire finalmente risposte solide a questa importante domanda. Ma i risultati di questo studio mi preoccupano anche. Se il ghiaccio dovesse entrare in un ritiro instabile irreversibile, l’impatto sul livello del mare potrebbe essere misurato in metri e come dimostra questo studio, una volta che il ritiro inizia, potrebbe essere impossibile fermarlo”.

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