Valutando i componenti della barite, un minerale formato dalla combinazione di solfato proveniente dall’acqua dell’oceano e bario delle sorgenti idrotermali, i ricercatori hanno formulato una nuova età per la crosta continentale della Terra. Nelle prime fasi evolutive del pianeta, infatti, dopo il raggiungimento dell’equilibrio con i processi dinamici, come la tettonica a placche, l’oceano ha iniziato ad accumulare minerali e nutrienti cruciali, la cui firma e’ ancora leggibile in alcune rocce. Ricerche precedenti si basavano sull’analisi dei carbonati marini, ma si tratta di sostanze che non sempre restano inalterate, per cui potrebbero restituire risultati falsati dall’evoluzione e dal cambiamento delle rocce.
Ora uno studio, presentato durante la conferenza virtuale dell’European Geosciences Union General Assembly 2021 dagli scienziati dell’Universita’ di Bergen, dell’Universita’ di Utrecht e dell’Universita’ di Munster, ha rivelato che la comparsa della crosta continentale sul nostro pianeta durante l’Archeano potrebbe essere avvenuta 3,7 miliardi di anni fa, circa 500 milioni di anni prima di quanto si ritenesse in precedenza. Il gruppo di ricerca ha testato sei depositi in tre continenti, analizzando campioni risalenti al periodo compreso tra circa 3,2 miliardi e 3,5 miliardi di anni fa. Il lavoro suggerisce che l’invecchiamento delle rocce potrebbe essere iniziato circa 3,7 miliardi di anni fa.
“La composizione del campione di barite raccolto ora e risalente a piu’ di 3,5 miliardi di anni fa – afferma Desiree Roerdink, geochimica presso l’Universita’ di Bergen – e’ esattamente la stessa che avremmo osservato alla sua formazione, per cui si tratta di un ottimo sguardo al passato della Terra primordiale. Si tratta di un intervallo di tempo davvero significativo e potrebbe avere implicazioni per il modo in cui pensiamo all’evoluzione della vita”. “Affinche’ si formasse la terraferma – conclude Roerdink – sono stati necessari processi in grado di dare origine alla crosta continentale chimicamente diversa dalla crosta oceanica. Saranno necessari ulteriori studi, ma il nostro lavoro apre la strada all’idea di una Terra primordiale geodinamica”.