Frane: nuovi sistemi di allerta rapida riducono falsi allarmi

Lo studio sulla Campania: un territorio vulnerabile alle frane e strumenti innovativi, più affidabili
MeteoWeb

Diversi versanti campani sono ricoperti di strati di terreno vulcanico, frutto delle eruzioni susseguitesi nei millenni. Con l’aggravarsi degli impatti dei cambiamenti climatici, tra cui il verificarsi di precipitazioni molto intense e rapide in aree circoscritte, cresce in questi e in altri territori italiani vulnerabili alle frane l’urgenza di comprendere in modo sempre più preciso le dinamiche che inducono tali eventi e di sviluppare modelli in grado di prevederli. Quando applicati nel concreto attraverso adeguati sistemi di allertamento rapido (early warning), tali strumenti possono infatti supportare i decisori nell’adottare misure efficaci ed efficienti di protezione della popolazione e dei territori dagli eventi franosi.
A questo scopo, lo studio della Fondazione CMCC Exploring ERA5 reanalysis potentialities for supporting landslide investigations: a test case from Campania Region (Southern Italy) individua le potenzialità della quinta generazione di modelli atmosferici (noti come dataset di reanalisi ERA5) sviluppate dallo European Centre for Medium-Range Weather Forecasts, nel migliorare le prestazioni dei sistemi di allertamento rapido utilizzati, ad esempio, dalla Protezione Civile.
Su un versante coperto da terreno piroclastico, i fenomeni di frana vengono usualmente indotti da una combinazione di due fattori: una condizione predisponente rappresentata da valori elevati di contenuto d’acqua lungo tutta la coltre e una condizione di innesco rappresentata da un evento di precipitazione intensa. Il sistema di allerta preventiva attualmente in uso da parte della Regione Campania utilizza quest’ultimo come unico indicatore, trascurando le condizioni antecedenti. Ne consegue che, ad ogni evento previsto di precipitazione di una certa intensità, indipendentemente dallo stato del terreno in quello specifico momento, il sistema restituisce uno stato di allerta, preallarme o allarme aumentando la probabilità di falsi allarmi a cui conseguono decisioni – come, ad esempio, la chiusura delle strade – che possono provocare disservizi che in alcuni casi potrebbero essere evitati.
Le reanalisi sono modelli atmosferici. Si tratta degli stessi che la ricerca utilizza per le previsioni, ma vengono utilizzati solitamente in back analysis, ovvero a ritroso, per ricostruire il passato” spiega Guido Rianna, ricercatore CMCC e coautore dello studio. “Proprio per questa loro caratteristica, lo scopo delle reanalisi non è quello di fare previsioni, ma di mettere a sistema da un punto di vista spaziale e temporale i dati provenienti da diversi strumenti di monitoraggio in situ, come le stazioni meteo, o da remote sensing, come i satelliti”.
La quinta generazione di reanalisi (ERA5) ha una risoluzione spaziale molto migliore delle precedenti, fornendo variabili atmosferiche su maglie di circa 30 km di lato. Inoltre, è possibile accedere gratuitamente tramite il Climate Data Store del Copernicus Climate Change Service a dati aggiornati giornalmente, che vanno dal 1979 fino a 5 giorni precedenti la consultazione: il breve tempo di rilascio dei dati ha permesso agli autori dello studio di ipotizzare – e poi verificare – una buona performance da parte dello strumento non solo per studi di backanalysis ma anche per scopi operativi come la messa a punto di sistemi di allerta preventiva (early warning).
Per prima cosa abbiamo verificato l’affidabilità della reanalisi ERA5 nel riprodurre le storie di pioggia che predispongono a eventi franosi realmente occorsi nell’area oggetto di studio” afferma Alfredo Reder, ricercatore CMCC e primo autore della pubblicazione. “Successivamente, abbiamo analizzato lo specifico evento di frana avvenuto a Nocera Inferiore il 4 marzo 2005 e abbiamo verificato che, in corrispondenza dell’evento, le stime di contenuto d’acqua nel suolo offerte da ERA5, sebbene non esenti da vincoli e limitazioni, sarebbero state in grado di osservare un’anomalia idrologica, ovvero un valore molto elevato in termini di contenuto d’acqua lungo tutta la coltre. Se così non fosse stato, non avremmo potuto fare l’ultimo passo, ovvero valutare la possibilità di utilizzare operativamente queste reanalisi per un sistema di early warning. Nell’ultima fase della nostra ricerca abbiamo così potuto verificare che l’utilizzo dei dati di ERA5 come proxy per supportare una decisione potrebbe migliorare l’affidabilità del modello previsionale attualmente usato in Campania, perché in grado di offrire informazioni sulle condizioni predisponenti le frane”.
I risultati dell’indagine suggeriscono le potenzialità di questo strumento soprattutto per minimizzare i falsi allarmi evitando, al contempo, di incorrere in mancati allarmi.
Un qualsiasi esperto di frane in terreni piroclastici affermerebbe che il verificarsi di un evento di precipitazione intensa in settembre in Campania, realizzandosi su un terreno asciutto, raramente può innescare una frana” conclude Rianna. “Ma ad oggi manca un supporto quantitativo di osservazione che permetta di affermarlo. Oggi, un decisore della Protezione Civile, sulla base degli studi esistenti in letteratura, non potrebbe non dare l’allarme nel caso di previsione di un evento di precipitazione con determinate caratteristiche, perché non avrebbe dati sullo stato del suolo (se non in pochi siti monitorati) nel periodo antecedente da utilizzare a supporto della scelta. La nostra ricerca evidenzia che ERA5 potrebbe colmare questa lacuna, minimizzando il numero di falsi allarmi”.
I risultati di questa ricerca si applicano al caso delle frane in piroclastite, caratteristiche dell’area oggetto dello studio. Il prossimo passo sarà quello di verificare l’utilità delle reanalisi ERA5 allo stesso scopo ma in presenza di altri tipi di terreno, come ad esempio quelli argillosi che determinano frane lente, caratteristiche di diverse zone della penisola come l’Appennino meridionale e alcune aree della Basilicata e della Campania.

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