Uno dei grandi enigmi della scienza spaziale moderna è ben riassunto dalla prospettiva di Perseverance, che è atterrato su Marte lo scorso 18 febbraio: oggi è un pianeta deserto, eppure il rover della NASA si trova proprio accanto a un antico delta di un fiume.
L’apparente contraddizione ha sconcertato gli scienziati per decenni, soprattutto perché nello stesso momento in cui Marte aveva fiumi che scorrevano, riceveva meno di un terzo della luce solare di cui godiamo oggi sulla Terra.
Un nuovo studio condotto dallo scienziato planetario dell’Università di Chicago Edwin Kite, utilizza un modello computerizzato per fornire una spiegazione promettente: Marte aveva un sottile strato nubi ghiacciate ad alta quota che hanno causato un effetto serra. “C’è stata una disconnessione imbarazzante tra le nostre prove e la nostra capacità di spiegarle in termini di fisica e chimica“, ha affermato Kite. “Questa ipotesi fa molto per colmare questa lacuna“.
Delle molteplici spiegazioni che gli scienziati avevano precedentemente avanzato, nessuna è mai stata del tutto soddisfacente. Ad esempio, c’è chi ha suggerito che una collisione con un enorme asteroide potrebbe aver rilasciato abbastanza energia cinetica per riscaldare il pianeta, ma altri calcoli hanno mostrato che questo effetto sarebbe durato solo uno o due anni, e le tracce di antichi fiumi e laghi mostrano che il riscaldamento probabilmente è durato per centinaia di anni almeno.
Kite e i suoi colleghi hanno deciso di rivisitare una spiegazione alternativa: nuvole ad alta quota, come i cirri sulla Terra. Anche una piccola quantità di nuvole nell’atmosfera può determinare un aumento significativo della temperatura di un pianeta, un effetto serra simile a quello generato all’anidride carbonica nell’atmosfera.
L’idea era stata proposta per la prima volta nel 2013, ma era stata in gran parte accantonata perché, ha precisato Kite, “si è sostenuto che sarebbe stata ammissibile in caso di nuvole con proprietà non plausibili“. Ad esempio, i modelli suggerivano che l’acqua avrebbe dovuto rimanere a lungo nell’atmosfera, molto più a lungo di quanto non faccia normalmente sulla Terra, quindi l’intera prospettiva sembrava improbabile.
Utilizzando un modello 3D dell’atmosfera dell’intero pianeta, Kite e il suo team si sono messi al lavoro. Il pezzo mancante del puzzle era la quantità di ghiaccio sul terreno. Ipotizzando vaste porzioni di Marte ricoperte di ghiaccio, ciò avrebbe portato a un’umidità superficiale propizia per le nuvole a bassa quota, che non si ritiene che queste riscaldino molto i pianeti (o addirittura possono raffreddarli, perché le nuvole riflettono la luce solare).
Se però ci sono solo chiazze di ghiaccio, come ai poli e in cima alle montagne, l’aria al suolo diventa molto più secca. Queste condizioni favoriscono uno strato alto di nuvole, che tendono a riscaldare i pianeti più facilmente.
I risultati del modello hanno mostrato che gli scienziati potrebbero dover scartare alcuni presupposti cruciali basati sui nostro stesso pianeta.
“Nel modello, queste nuvole si comportano in un modo molto diverso dalla Terra”, ha spiegato Kite. “Realizzare modelli sull’intuizione basati su quello che avviene Terra non serve a nulla, perché ciò che accade non è affatto simile al ciclo dell’acqua terrestre, che sposta l’acqua rapidamente tra l’atmosfera e la superficie.” Qui sulla Terra, dove l’acqua copre quasi i tre quarti della superficie, l’acqua si muove rapidamente e in modo irregolare tra l’oceano e l’atmosfera e la terra, muovendosi in vortici che determinano situazioni di aridità in alcuni luoghi (il Sahara) e l’inverso in altri (l’Amazzonia). Al contrario, anche al culmine della sua abitabilità, Marte aveva molta meno acqua sulla sua superficie: quando il vapore acqueo finisce nell’atmosfera, nel modello di Kite, rimane lì. “Il nostro modello suggerisce che una volta che l’acqua si è spostata nell’atmosfera marziana primordiale, rimaneva lì per un periodo piuttosto lungo, quasi un anno, e questo crea le condizioni per nuvole ad alta quota di lunga durata“, ha affermato Kite.
Il rover Perseverance appena “ammartato” dovrebbe essere in grado di testare questa tesi anche in diversi modi, ad esempio analizzando i sassolini, per ricostruire la pressione atmosferica passata su Marte. Comprendere la storia completa di come il Pianeta Rosso ha accumulato e perso il suo calore e la sua atmosfera può aiutare la ricerca di altri mondi abitabili, hanno precisato gli scienziati.
“Marte è importante perché è l’unico pianeta che conosciamo che aveva la capacità di sostenere la vita e poi l’ha persa“, ha concluso Kite. “La stabilità climatica a lungo termine della Terra è davvero notevole: vogliamo capire tutti i modi in cui questa, su un pianeta, può interrompersi e tutti i modi in cui può essere mantenuta. Questa ricerca definisce il nuovo campo dell’abitabilità planetaria comparativa“.