Elaborare e classificare la composizione delle rocce vulcaniche dell’area napoletana attraverso l’intelligenza artificiale. Questo l’obiettivo dello studio “Machine learning applied to rock geochemistry for predictive outcomes: The Neapolitan volcanic history case” appena pubblicato sulla rivista ‘Journal of Volcanology and Geothermal Research’ e opera di due ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
Il lavoro rappresenta un nuovo ‘punto di partenza’ per lo sviluppo delle analisi petrologiche utilizzando i database già in possesso ai ricercatori.
“La composizione chimica delle rocce”, spiega Monica Piochi, ricercatrice dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV, “consta del contenuto di numerosi elementi presenti nella roccia come silicio, calcio, potassio, stronzio, piombo, zolfo, arsenico, uranio, bario e via di seguito. Questo set chimico può essere quasi costante o variare sia all’interno del singolo deposito vulcanico sia nel corso dei diversi eventi eruttivi, in risposta alla specifica dinamica del serbatoio magmatico”.
“Ogni eruzione napoletana”, prosegue la ricercatrice, “ha prodotto depositi con una propria composizione chimica, cosicché da essa si può dedurre l’eruzione e le caratteristiche del serbatoio magmatico di alimentazione; è come risalire all’identità di un individuo dalle sue caratteristiche somatiche e dal set di parametri ematochimici. Date le piccole e grandi diversità esistenti e i numerosi parametri che descrivono tali diversità, l’individuazione delle rocce, così come degli individui, è un’operazione lunga e complessa. Tuttavia, conoscerne la tipologia risulta necessario per la conoscenza del comportamento del vulcano e del suo impatto sul territorio così come, analogamente, riconoscere un individuo è utile per stabilirne, ad esempio, il suo stile di vita e il suo stato di salute”.
“Il machine learning”, spiega Alessandro Pignatelli, ricercatore INGV, “è uno strumento comune in ambito scientifico e sta acquisendo sempre maggiore diffusione in vari campi della ricerca, medica, economica, sociale, e ci sono tentativi di applicazione anche in campo petrologico”.
Per valutare le potenzialità dell’intelligenza artificiale i due ricercatori hanno raccolto e raggruppato l’enorme mole di dati chimici presenti in letteratura in un unico database (54 variabili per 9800 campioni), evincendo, in primis, l’abbondanza di dati per alcune eruzioni e la carenza per altre. In particolare, il database è molto esteso per i Campi Flegrei e per il Vesuvio mentre è risultato carente per le attività vulcaniche di Ischia e Procida. Inoltre, hanno cercato l’algoritmo ottimale per gli obiettivi dello studio.
“Per una corretta valutazione” prosegue Alessandro Pignatelli, “abbiamo usato diverse tecniche di machine learning e, per ciascuna, abbiamo valutato la capacità di classificare correttamente il campione”.
“I risultati del nostro studio”, aggiungono Monica Piochi e Alessandro Pignatelli, “indicano che sulla base del database esistente è possibile ottenere una prima, rapida classificazione di dati composizionali di rocce vulcaniche napoletane mediante l’intelligenza artificiale. Tale classificazione ha il vantaggio di essere rapida e scevra della discrezionalità dell’operatore. Il machine learning, infatti, ha una capacità di circa il 98% di “centrare” l’attribuzione di una roccia di origine ignota – ma comunque individuata nel contesto napoletano – a uno dei vulcani, circa il 90% al periodo eruttivo e almeno il 70% alla formazione eruttiva. Inoltre, l’AI (artificial intelligence) si è dimostrata capace di “maneggiare” i dati petrologici in maniera rapida grazie a delle capacità di calcolo superiori rispetto a quelle di un essere umano. La nostra applicazione dell’intelligenza artificiale al caso napoletano crea il presupposto per analisi veloci e affidabili su dati di futura acquisizione ed in particolare per la realizzazione di sistemi di controllo automatico su grandi dataset relativi all’intero vulcanismo italiano (se non globale)”.
“L’attribuzione di un deposito roccioso ad un certo evento eruttivo”, conclude la ricercatrice, “è una informazione molto utile nella definizione della distribuzione areale dei prodotti magmatici e della magnitudo stessa dell’eruzione, degli effetti sul territorio e sui cambiamenti climatici così come sulla mobilità delle specie viventi. In archeologia, per esempio, può essere utile per determinare il luogo di estrazione dei materiali da costruzione e di comune uso, ad esempio le macine, e ricostruire i traffici commerciali”.