Origine del Sars-CoV-2, il libro shock: il virus ha due ‘genitori’, torna l’ipotesi che sia nato in laboratorio

Un giornalista italiano ha scovato ZC45 e ZXC21, ovvero i due virus che sarebbero i genitori del Sars-Cov-2
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Si chiamano ZC45 e ZXC21, e sono due virus arrivati dai pipistrelli e appartenenti alla stessa famiglia del Sars-CoV2. Anzi, per la precisione potrebbero essere i suoi genitori. Conservati nei laboratori militari cinesi, stanno facendo molto discutere dopo che, in un libro shock che ricostruisce con carte e documenti i 14 mesi di pandemia, ne ha parlato Fabrizio Gatti, inviato de L’Espresso. L’idea di fondo è che il virus, come già ipotizzato in passato, sia stato sviluppato in laboratorio.

Nel suo libro “L’infinito errore”, Gatti scrive che “quando il 5 gennaio 2020 Zhang Yongzhen ed Edward Holmes depositano per la prima volta al mondo la sequenza genetica contenuta nel filamento di Rna del virus che sta facendo ammalare gli abitanti di Wuhan, tracciano l’albero filogenetico e scoprono che WHCV, come chiamano il nuovo coronavirus umano, ha due parenti molto stretti tra i coronavirus Sars-like. Sono i virus ZC45 e ZXC21″.

Anche un altro scienziato, Shi Zhengli, spiega ancora Gatti, sostiene “di aver scoperto un nuovo coronavirus dei pipistrelli evolutivamente più vicino al virus umano che si sta diffondendo a Wuhan“. Si tratta del RaTG13. Ma non solo. Lo stesso giorno in cui Zhengli annuncia al mondo la sua scoperta, anche “la professoressa dell’Istituto di virologia di Wuhan deposita il genoma del coronavirus umano isolato da cinque pazienti. Oltre a RaTG13, i due parenti più stretti sono sempre ZC45 e ZXC21“.

Per capirci qualcosa in più è necessario tornare indietro di qualche anno, e in particolare agli anni tra il 2015 e il 2017, quando gli scienziati della Terza Università medica militare di Chongqing e del Comando dell’Istituto di ricerca in medicina di Nanchino “frequentano le aree infestate dai pipistrelli nel distretto di Dinghai e nella contea di Daishan, intorno alla città-arcipelago di Zhoushan. Vi lavorano per mesi, ai confini settentrionali della provincia di Zhejiang, da cui proviene gran parte della comunità cinese in Europa e in Italia”. In quei mesi di studio i ricercatori hanno catturato e studiato 334 pipistrelli Rhinolophus sinicus, cercando proprio tracce di coronavirus.

Come spiega Gatti nel suo libro, i ricercatori hanno precisato di “essere riusciti a riconoscere e decifrare il filamento di Rna completo di due nuovi coronavirus Sars-like mai scoperti prima. Li chiamano SL-CoV ZXC21, prelevato da un pipistrello catturato nel luglio 2015, e SL-CoV ZC45, ricavato da un esemplare preso nelle reti nel febbraio 2017. I due nuovi coronavirus dei pipistrelli condividono tra loro un’identità del 97 per cento. Il gruppo guidato da Wang Changjun, che lavora sia per la Terza Università medica militare sia per il Comando dell’Istituto di ricerca in medicina di Nanchino, e da Youjun Feng, giovane professore della Scuola di medicina dell’Università di Hangzhou nello Zhejiang, si spinge oltre – spiega Gatti -. Prova a far replicare e a isolare il virus da una coltivazione di cellule renali di una scimmia ma fallisce. Allora, al chiuso di un laboratorio di livello Bsl-3, gli autori di questo studio militare infettano alcune comunità di cuccioli di ratti nati da tre giorni”. Nelle conclusioni dell’esperimento gli studiosi scrivono: “i coronavirus Sars-like derivati dai pipistrelli possono replicarsi con successo nei ratti da latte” e allo stesso tempo “contagiare specie diverse“.

La conclusione a cui giunge Gatti è che i virus SL-CoV ZXC21 e SL-CoV ZC45, presenti nei pipistrelli senza che gli animali abbiano malattie, “possono immediatamente diffondere la loro infezione ai ratti senza necessità di adattamenti o mutazioni. E’ un nuovo salto di specie provocato non dalla casualità dell’evoluzione naturale ma dalla competizione fra scienziati”.

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