La Sacra corona unita, lo sceicco Mohammed Al Habtoor e il sequestro di Mauro Romano: perché la madre è convinta che sia lui

E' possibile che lo sceicco Mohammed Al Habtoor sia davvero Mauro Romano? Perché la madre del bimbo ne è così convinta e cosa accadde quel 21 giugno del 1977?
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La mamma di Mauro Romano, il bimbo rapito nel 1977 in Salento quando aveva solo sei anni, oggi spera che suo figlio possa essere lo sceicco Mohammed Al Habtoor, 52 anni, figlio del magnate Khalaf Al Habtoor. “Mi auguro sia lui – dice all’ANSA Bianca Colaianni perché vorrebbe dire che è ancora vivo e che nessuno l’ha mai ucciso”. La mamma di Mauro, secondo quanto riporta un articolo del Corriere della Sera, ha riconosciuto suo figlio in una foto dello sceicco grazie a “due cicatrici: una sul sopracciglio, l’altra sulla mano destra, che si procurò con un ferro da stiro“, afferma la donna. Per avere la certezza che si tratti di lui, occorrerà l’esame del Dna che – stando a quanto riferisce il quotidiano – finora l’emiro ha rifiutato. I familiari di Romano, però, hanno intenzione di andare di persona a Dubai per ottenere che l’esame venga eseguito tramite l’intercessione delle autorità consolari. I genitori non hanno mai smesso di cercare Mauro dal giorno della sua scomparsa a Racale (Lecce), il 21 giugno del 1977. Grazie alla loro tenacia, le indagini sono proseguite e hanno portato al presunto sequestratore, un ex barbiere di 79 anni: si tratta di un amico di famiglia che Mauro chiamava ‘zio’ e che il giorno della scomparsa, secondo la Procura, fece salire Mauro sul suo Apecar e lo condusse nella sua casa estiva per farlo giocare con il figlio. Questo, secondo l’accusa, in attesa di consegnarlo a due individui, a oggi rimasti sconosciuti, che lo prelevarono poi con la forza facendo sparire di lui ogni traccia.

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Che lo sceicco possa essere Mauro, “Bianca Colaianni lo pensa dal 2007 – spiega all’ANSA il suo legale Antonio La Scalaquando vide una foto dello sceicco su un giornale e riconobbe due cicatrici, una sul sopracciglio e l’altra sulla mano destra, le stesse che Mauro si procurò con un ferro da stiro”. La Scala ricorda che Bianca scrisse già nel 2007 una lettera alla famiglia nella penisola araba “ma il padre dello sceicco, il magnate Khalaf Al Habtoor, negò che suo figlio fosse il piccolo Romano. Il magnate invitò anche Bianca a Dubai ma poi non si fece più sentire”. Inoltre, aggiunge il legale, “su sollecitazione di Bianca anche il Viminale si è occupato della vicenda nel 2008: tramite i consolati c’è stato uno scambio di lettere in cui la famiglia dello sceicco ha ribadito che non si tratta di Mauro“. “Mi auguro si faccia l’esame del Dna – afferma oggi la mamma – così potremo fugare ogni dubbio: non sono convinta sia lui ma lo spero, perché vorrebbe dire che non l’hanno ucciso”.

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Alla richiesta dell’esame che possa finalmente fare luce sul caso, dagli Emirati Arabi “non è mai arrivata nessuna risposta“. Per questo adesso la famiglia chiederà che “venga organizzato un incontro tra le diplomazie dei due Paesi affinché – spiega il legale – Bianca possa finalmente vedere di persona lo sceicco: una mamma capisce a pelle se si tratta del proprio figlio anche senza l’esame del Dna, al quale non possiamo obbligare nessuno”. Le indagini su Mauro erano chiuse da 40 anni e sono state riaperte solo nel 2019, su richiesta della famiglia, dopo l’arresto di un 69enne pedofilo, lo stesso uomo che nel 1978 fu condannato a 4 anni di reclusione per aver finto di aver rapito il piccolo Romano e aver fatto richieste estorsive alla sua famiglia. Nell’ambito di queste indagini, la pm Mininni ha ascoltato un ergastolano della Sacra corona unita che già nel 2010 mandò una lettera a Bianca chiedendo di parlare col magistrato Cataldo Motta che, all’epoca, mandò al suo posto un commissario della penitenziaria – ricorda La Scala – al quale il detenuto non disse nulla. A Mininni, invece, che nel 2020 lo ha ascoltato personalmente, l’esponente della Scu ha raccontato della figura del cosiddetto ‘zio’, un ex barbiere oggi 79enne, sospettato di essere il presunto sequestratore che il giorno della scomparsa avrebbe fatto salire Mauro sul suo Apecar per consegnarlo poi, secondo l’accusa, a due individui dall’identità sconosciuta.7

Il fratello Antonio: “Al telefono parlava italiano, a Dubai non si fece trovare”

Non so neanche io come ho fatto a riuscire a trovare il suo numero personale, so solo e lo ricordo benissimo, che quando lo chiamai gli dissi che lo cercavo per una cosa importante e lui mi rispose parlando in italiano, un italiano un po’ debole, ma era italiano e capiva”. Lo racconta a LaPresse Antonio Romano, il fratello maggiore di Mauro Romano, il bambino di Racale (Lecce) scomparso dal cortile della casa in cui stava giocando quel 21 giugno 1977 e mai più trovato. Quando il fratello scomparve, Antonio aveva 10 anni .Una pista battuta di recente dalla famiglia Romano con il supporto dell’avvocato Antonio La Scala, porta a Dubai, e conduce a Mohammed Al Habtoor, appartenente a una delle famiglie più ricche degli Emirati Arabi Uniti. “Quando mia madre vide la foto di questa persona su una rivista, mi disse: ‘Quello è Mauro, gli occhi sono i suoi, ha lo stesso sguardo’. E io le risposi: ‘Ma che dici, tu sei pazza, lo sai chi è quello lì?’. Poi prendemmo la foto di Mauro da piccolo e la somiglianza è impressionante“, dice Antonio Romano. Da quel giorno hanno iniziato a cercarlo.

“Sono riuscito a trovare una foto su internet e ho scoperto la cicatrice sul sopracciglio sinistro: se la fece cadendo dalla bici, ci andavamo in tre. E poi quella sulla mano destra”, racconta. “Grazie a mia zia riuscimmo ad avere il numero fisso a Dubai e poi, quando ero a Ginevra, io e mia moglie riuscimmo a ottenere il numero personale dello sceicco e lo chiamai, ma non gli dissi il motivo. Dissi solo che avevo bisogno di parlare con lui di una cosa molto importante e lui accettò: me lo disse in italiano e mi diede appuntamento a Roma, vicino a un hotel che scelse lui, ma non si presentò. Dopo ore, a quel numero rispose una persona che mi disse di non tornare più”. Antonio Romano non si è arreso e dopo qualche anno ha telefonato di nuovo: “Rispose lui e mi diede appuntamento a Dubai, presi l’aereo e andai. Anche questa volta mi parlò in italiano. Ricordo perfettamente che al telefono disse: ‘Ti aspetto’; ma a Dubai non si fece trovare. Quando richiamai, mi rispose una persona in francese dicendo che l’incontro non ci sarebbe stato. Il giorno dopo ripresi l’aereo e prima di partire lasciai alla reception una scatola di cioccolatini per lui. Era un presente, un piccolo pensiero. Mauro non l’ho mai dimenticato“.

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