Di Denise Pipitone, la bimba sparita da Mazara del Vallo nel 2004, si è tornato a parlare grazie ad un’incomprensione, un errore. A marzo, in Russia, una giovane donna fece un appello per cercare la sua mamma. Lei, Olesya Rostova, rapita quando era piccola, è cresciuta senza mai sapere da dove arrivasse. Molti in Italia si sono illusi che si potesse trattare di Denise, ma così non era. Grazie a questa vicenda, però, ci siamo scoperti tutti un po’ legati al caso della piccola Denise: dal 2004 ad ora, grazie al coraggio e alla determinazione di Piera Maggio, la piccola è entrata nelle nostre case, la sua storia è diventata la nostra storia e tutti ci siamo un po’ immedesimati in una mamma che all’improvviso vede sparire nel nulla la sua bambina. E da 17 anni non sa più nulla di lei.
Di Denise, dunque, si è tornato a parlare. Per fortuna, direi da mamma, perché la piccola va cercata a tutti i costi, nonostante il troppo tempo trascorso. Oggi a parlare del caso di Denise in diretta televisiva è stata Maria Angioni, l’ex pm che si è occupato del caso della piccola Pipitone. “L’idea che ho maturato e che nel rapimento della bambina ci siano stati due gruppi di persone: quelle ‘cattive’ e quelle ‘buone'”. Angioini si è occupata delle indagini proprio nelle fasi cruciali – e oggi più discusse – della vicenda, ovvero dall’ottobre del 2004, un mese dopo la sparizione, fino al luglio 2005. Questa mattina è intervenuta in diretta a “Mattino Cinque”, condotto da Federica Panicucci, spiegando aspetti della vicenda finora quasi inediti, sebbene facilmente intuibili: “Faccio una premessa: quando ho lavorato a Marsala, c’erano sempre diverse persone sulla strada che sembravano lì a far niente, ma dopo un po’ ho capito che erano sentinelle, non sentinelle necessariamente della mafia, ma sentinelle di qualcosa che non è lo Stato? – si è chiesto il magistrato, che prosegue – mi sono detta che ci saranno state anche a Mazara del Vallo e che qualcuno non può che aver visto alcune scene del rapimento di Denise”. Poi ha aggiunto: “Dunque, se questa bambina è stata presa da persone mosse da passione, da rabbia, da odio è possibile che ci siano state sentinelle che hanno mandato il messaggio ad altre persone: persone che volevano bene alla bambina e che sono intervenute in un secondo momento, prelevandola e portandola via, perché la bambina era in pericolo, perché la bambina, così com’era stata presa quel giorno, poteva anche essere presa in un momento successivo”.
“In questo modo si spiega perché c’era tanta gente sospetta – precisa il pm, in riferimento al fatto che in fase iniziale tutti i protagonisti di questa vicenda erano ‘attenzionati’ dalle forze dell’ordine, compresi i genitori della piccola Denise -. Tutti naturalmente hanno agito cercando probabilmente di prendere in giro gli inquirenti, sia quelli che l’hanno rapita per farle del male, sia quelli che li hanno bloccati e l’hanno presa e portata lontano, in modo che nessuno potesse farle del male. Ecco, solo così, con una ricostruzione complessa, si spiega perché ci fosse tanta gente che ha tenuto comportamenti che fanno pensare un inquirente: non erano comportamenti cristallini“. A cosa si riferisca nello specifico Angioini è difficile saperlo, ma quel che è certo è che in quella fase iniziale le cose ‘non cristalline’ sono state tante, da parte di tutti, persino degli investigatori. E’ stato infatti l’ex procuratore capo di Marsala, Alberto di Pisa, ad avallare la teoria del depistaggio spiegando come nelle ore immediatamente successive alla scomparsa di Denise gli investigatori che dovevano perquisire la casa di Anna Corona, ex moglie di Piero Pulizzi, papà naturale di Denise, abbiano sbagliato perquisendo invece l’abitazione di una vicina di casa della Corona. Come questo errore madornale sia potuto accadere nessuno lo ha mai spiegato, ma per Di Pisa il danno fatto alle indagini da questa ‘svista’ è stato irreparabile.
E’ una storia complessa, troppo per poterla sbrogliare a distanza di 17 anni, ma ci sono elementi che appaiono certi a chiunque abbia ascoltato, letto, riflettuto sulle parole che in tutto questo tempo sono state pronunciate e scritte dai protagonisti di questa vicenda. Ciò che ne è emerge è un quadro sociologico molto ben definito, ma altrettanto articolato, caratterizzato da omertà, bigottismo, limiti scambiati per valori e odio represso. La principale vittima di questa vicenda è senza dubbio la piccola Denise, alla quale – se fosse ancora viva – è stata rubata l’adolescenza e il diritto di vivere con i suoi genitori. Il punto cruciale, però, per potere avere le idee un po’ chiare su quanto accaduto a Mazara del Vallo quella mattina di inizio settembre, è capire che la seconda grande vittima è Piera Maggio, la quale ha pagato innanzitutto da madre, ma anche da donna libera. Già, perché è proprio questo che Piera ha dovuto ‘espiare’: il fatto di essere libera in mezzo a gente ‘mentalmente legata’. Legata a finti valori, a tradizioni radicate e difficili da estirpare, all’omertà del ‘i panni sporchi si lavano in famiglia‘.
Il rapimento di Denise, checché se ne dica, è stata una vendetta di gruppo, un’operazione di gruppo, un reato perpetrato da più persone in combutta a diversi livelli, contro una donna considerata peccatrice e contro il frutto di quel peccato: la piccola bimba innocente. Perché è vero che Piera ha tradito il marito, ma è altresì vero, come spiegò qualcuno tanti secoli fa, che la prima pietra andrebbe scagliata solo da chi è senza peccato. I genitori di Denise stavano solo prendendo delle decisioni, condivisibili o meno, nella piena legittimità di poter decidere liberamente per se stessi. Ma lo stavano facendo in un ambiente dove tutto ciò era – e forse è – vissuto peggio di un reato: per questi motivi, intorno a loro molti tramavano, guardavano con invidia, giudicavano e sentenziavano. Ai loro occhi Piera doveva pagare nel modo più terribile. E la reazione della moglie di Battista Della Chiave ad un’intervista rilasciata dal marito, il testimone sordomuto che riferì ad un’interprete della procura di aver visto Denise dopo il rapimento, ne è la prova: “Mi stai mettendo nei guai! Nei guai”, gli urlò contro. Ora che Della Chiave è morto si è portato dietro il suo silenzioso segreto, che aveva cercato di spiegare e che forse non era stato ben compreso dall’interprete. Forse.
Su cosa sia accaduto a Denise molti sanno tanto, ma non parlano, e questo è ormai evidente. Piera Maggio, questa mamma coraggio che ha spaccato il mondo in quattro negli ultimi 17 anni non meritava, agli occhi di chi sa, succubi dei più biechi sentimenti umani, di poter amare il frutto del suo peccato. Sì, è una storia da Medioevo, o forse peggio. E’ una storia di bassa e triste umanità. Di gente che crede di avere dei valori e invece ha solo dei limiti, mentali e sentimentali. Di gente che crede e prega Dio, ma poi ne viola le basi di insegnamento.
Sono passati 17 anni, è vero, ma la mentalità di chi si arroga il diritto di poter giudicare le scelte altrui non è cambiata e basta fare un giro sui social per rendersene conto: sotto ai post che parlano della vicenda di Denise nata fuori dal matrimonio, nei giorni scorsi abbiamo visto commenti bassi e biechi, i quali parlavano di ‘giustizia divina’ per Piera, che tradendo il marito “se l’è cercata“. E proprio in virtù di questi commenti e di questi pensieri infimi, in un tempo come quello che stiamo vivendo in cui le libertà individuali sono messe sempre più in discussione, che sono convinta che ora più che mai Piera vada sostenuta e Denise cercata, viva o morta, perché non passi il messaggio che chi è un peccatore agli occhi del vicino di casa debba espiare le sue colpe per mano di una banda di bigotti vendicatori del nulla.
Nella gallery fotografica in alto, a corredo dell’articolo, alcune delle immagini salienti di questi 17 anni dal giorno della scomparsa di Denise.