L’intermittenza del flusso nei corsi d’acqua del mondo e’ piu’ comune di quanto si pensasse in precedenza, il che potrebbe richiedere cambiamenti nelle strategie di gestione dei fiumi. Sono i risultati di un articolo, pubblicato su Nature, il cui primo autore e’ Mathis Loic Messager del Dipartimento di Geografia dell’Universita’ McGill di Montreal e dell’Istituto Nazionale di Ricerca Francese per l’Agricoltura (INRAE Lyon-Villeurbanne). Secondo l’articolo, piu’ della meta’ dei fiumi del mondo cessano di scorrere per almeno un giorno all’anno e questo fenomeno continuera’ ad aumentare nei prossimi decenni a causa del cambiamento climatico e dell’attivita’ umana.
Messager e colleghi hanno sviluppato un modello per prevedere l’estensione dei fiumi non perenni a livello globale, che e’ stato applicato al database RiverATLAS, che rappresenta 23,3 milioni di chilometri della rete fluviale globale. Il team ha stimato che tra il 51% ed il 60% di fiumi e torrenti cessano di scorrere per almeno un giorno all’anno, indicando che i fiumi non perenni sono la tipologia piu’ diffusa, e che per il 52% della popolazione mondiale il fiume o il torrente piu’ vicino non e’ perenne.
Il 95% dei fiumi che si trovano in aree estremamente calde e secche, come l’Australia settentrionale, parti dell’India e la regione africana del Sahel, sono inclini alla cessazione del flusso. Nei climi piu’ freddi, il flusso interrotto di un fiume e’ spesso dovuto al ghiaccio o all’accumulo di precipitazioni sotto forma di neve. Le variabili climatiche sono importanti indicatori di quali fiumi possono diventare o essere attualmente intermittenti. Gli autori concludono che l’intermittenza del flusso dovrebbe essere inclusa nei modelli fluviali per garantire strategie efficaci di gestione dei corsi d’acqua che proteggano la biodiversita’ e gli ecosistemi dei fiumi non perenni.