“Durante la partita Danimarca-Finlandia del campionato Uefa Euro 2020 il calciatore Eriksen si è accasciato facendoci pensare, sulla base delle manovre salvavita effettuate, ad una conseguenza di un arresto del cuore e della circolazione sanguigna” racconta il dott. Saverio Iacopino, responsabile dell’U.O. di Aritmologia ed Elettrofisiologia a Maria Cecilia Hospital di Cotignola (RA) e membro dell’AIAC Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione, consulente aritmologo del Crotone Calcio e del Cosenza Calcio.
Decisivi gli interventi tempestivi del capitano della squadra Simon Kjaer, che ha iniziato il massaggio cardiaco, e dello staff medico che hanno permesso di salvargli la vita. Eriksen, secondo le dichiarazioni, era infatti in arresto cardiaco e senza polso; i medici di campo non sono stati in grado nell’immediato di dare una spiegazione dell’accaduto, affidando la risposta agli esperti cardiologi.
“Appare plausibile che la condizione di arresto cardiaco possa essere stata scatenata da un’aritmia cardiaca maligna, considerato l’utilizzo del defibrillatore, come la tachicardia ventricolare e/o la fibrillazione ventricolare. Prenderebbe così corpo l’ipotesi di una anomalia del sistema di conduzione elettrico del cuore che può causare in età giovanile, prevalentemente tra 20 e 40 anni, svenimenti e morte cardiaca improvvisa, come la Sindrome di Brugada, malattia ereditaria, geneticamente trasmessa dovuta ad un malfunzionamento dei canali ionici del sodio presenti nelle cellule cardiache, talvolta “invisibile” anche agli occhi di esperti” dichiara il dott. Iacopino.
In particolare, la Sindrome di Brugada (causa del decesso nel sonno di Davide Astori della Fiorentina) è più frequente nella popolazione maschile. A causa dell’eterogeneità dei sintomi, dei criteri diagnostici non univoci e delle conoscenze ancora incomplete sulla patologia, risulta difficile stabilirne l’esatta prevalenza nella popolazione. Nel 6-10% dei pazienti sopravvissuti ad un arresto cardiaco non sono dimostrabili patologie strutturali cardiache. La Sindrome di Brugada è responsabile di episodi di fibrillazione ventricolare (FV) idiopatica in una percentuale variabile tra il 3 e il 60% dei casi, ma raramente anche di anomalie del sistema di eccito-conduzione cardiaca atrio-ventricolare che possono determinare arresto cardiaco da asistolia.
Sindrome di Brugada e displasia aritmogena tra le possibili cause
“Il pattern di Brugada viene non di rado riscontrato nell’ECG di giovani che praticano sport a livello agonistico o che desiderano dedicarsi allo sport: in questa situazione è comprensibile la difficoltà di chi, eseguita l’indagine, deve emettere un giudizio. Le attuali linee guida italiane ed europee sconsigliano l’attività sportiva agonistica ai soggetti con pattern di Brugada diagnostico della Sindrome definito “tipo 1”, indipendentemente dal fatto che questo sia spontaneo o provocato da farmaci bloccanti il canale del sodio. Questa posizione può sembrare paradossale, visto che nella sindrome di Brugada la morte improvvisa si verifica generalmente non in corso di attività fisica ma a riposo, specialmente di notte, durante fasi di prevalenza vagale. In realtà il motivo di tale scelta deriva dall’attuale scarsa conoscenza dei possibili effetti negativi dell’ipertono vagale indotto dall’allenamento” spiega il dott. Iacopino.
Alla luce della dichiarazione del 13 giugno resa dal medico della Danimarca, in merito al fatto di aver eseguito una defibrillazione, oltre alla sindrome di Brugada, o ad altre malattie dei canali ionici, si può ipotizzare anche una displasia aritmogena del ventricolo destro (o cardiomiopatia aritmogena). Si tratta di una patologia genetica (che in passato ha riguardato ad esempio Piermario Morosini del Livorno e Antonio Puerta del Siviglia) che colpisce all’improvviso con aritmie ventricolari e nei casi più gravi porta ad arresto cardiaco fatale.
La displasia aritmogena del ventricolo destro rientra tra le cardiomiopatie ereditarie e colpisce una persona su 5000, “alcuni sono abbastanza fortunati da avere una crisi grave e comunque sopravvivere, come il campione inglese di cricket James Taylor al quale nel 2016 gli è stata curata un’aritmia rapida con il defibrillatore – commenta il dott. Iacopino –. La malattia dipende da uno o più geni difettosi, che provocano un’alterazione in proteine alle quali è affidato il compito di tenere saldate tra loro le cellule del cuore; se queste proteine non funzionano bene, le cellule cardiache sotto stress muoiono e lo spazio che si crea viene allora riempito da tessuto fibro-adiposo, cioè cicatrici che interrompono la normale conduzione degli impulsi elettrici e portano quindi alle aritmie e nei casi più gravi all’arresto cardiaco”.
È possibile fare prevenzione? Quali le terapie possibili?
Appare evidente la necessità di una sempre più stretta sinergia tra i medici della Medicina dello Sport, i medici delle Società Sportive e i Cardiologi e gli Aritmologi, al fine di utilizzare al massimo le risorse clinico-strumentali disponibili allo scopo di migliorare la diagnostica preventiva e rendere i protocolli di intervento efficaci come quello praticato a Eriksen, in tutti gli ambiti dello sport.
In Italia, l’iter medico-diagnostico pre attività sportiva è estremamente accurato. “Ma nel campo della prevenzione sportiva a livello agonistico si può ancora fare molto, ad esempio estendere le collaborazioni tra la medicina dello sport e la cardioaritmologia – spiega il dott. Iacopino –. Inoltre l’utilizzo di diagnostica avanzata per valutazioni multiparametriche, come una Risonanza Magnetica del cuore o una TC coronarica, possono escludere la presenza di anomalie genetiche nascoste, come nel caso della sindrome di Brugada o di tutte le anomalie congenite e strutturali, non evidenti con gli accertamenti ECG, Holter, test da sforzo, ecocardiogramma”.
Ad oggi non esiste una terapia per le sindromi aritmiche. I medici possono solo cercare di ridurre e controllare i sintomi: poco sport e comunque non agonistico, farmaci betabloccanti per tenere bassa la frequenza cardiaca, eventuale ablazione dei tessuti fibro-adiposi per bruciare i circuiti elettrici maligni, fino al defibrillatore automatico (ICD) impiantato nel torace, pronto a dare shock quando ce n’è bisogno.