Ritenere che gli elementi naturali siano dotati di vita propria è un aspetto ricorrente in moltissime culture tradizionali. Nelle credenze animistiche si pensava che il vento, le montagne, le radure e i boschi avessero una propria personalità e volontà, comportandosi spesso come veri e propri esseri viventi. In questo contesto, fiumi e torrenti hanno sempre ed ovunque ricevuto una particolare attenzione: l’acqua perpetuamente in movimento, capace di rumoreggiare, muovere tronchi e massi, scavare le sponde, benefica ma anche spaventosa, era ritenuta un elemento animato e vivo in moltissime culture. Ormai l’animismo permane in poche ed isolate popolazioni e va scomparendo rapidamente: i cinefili ricorderanno Dersu Uzala, cacciatore siberiano immortalato nel bellissimo film di Akira Kurosawa, che vedeva òmini, cioè esseri senzienti, nel fuoco e negli elementi naturali della sua sconfinata taiga.
Tuttavia, uno studio appena pubblicato su Communications Earth & Environment, una rivista del gruppo editoriale Nature (https://www.nature.com/articles/s43247-021-00192-w), lega in qualche modo queste antiche suggestioni con uno dei più attuali e pressanti problemi ambientali, il riscaldamento climatico globale. Nel XXI secolo si può, scientificamente parlando, considerare un fiume come un essere vivente? In un certo senso sì, basti infatti pensare che un fiume respira, cioè emette ciclicamente anidride carbonica. Questa è la conclusione cui è giunto un progetto internazionale, denominato EURORUN (Assessing CO2 Fluxes from European Running Waters), che ha coinvolto 16 gruppi di 11 nazioni europee. Il team italiano era costituito dal Prof. Stefano Fenoglio (Università di Torino) e dal Dott. Alberto Doretto (Università del Piemonte Orientale), che lavorano entrambi anche presso il Centro per lo Studio dei Fiumi Alpini (ALPSTREAM), struttura nata nel 2019 ad Ostana (CN) dalla sinergia tra Parco del Monviso, UNITO, UPO e POLITO. Obiettivo del Centro è promuovere una maggiore sostenibilità ambientale, con particolare attenzione ai fiumi alpini ed alle risorse idriche, ponendosi anche come struttura di riferimento scientifico e didattico all’interno del consorzio UNITA (Universitas Montium).
Secondo il Prof. Stefano Fenoglio, docente del Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi (DBIOS) dell’Università di Torino, «l’aspetto più affascinante di questo progetto è che una ricerca così mirata e peculiare, come analizzare quanto ‘respira’ un determinato tratto fluviale, ci apre un enorme orizzonte non solo di ricerca ma anche di riflessione. Un fiume, come ogni sistema ecologico, è molto più della somma dei suoi organismi e delle sue particolarità ambientali, e ha una funzionalità che deriva dalla interazione, e non dall’addizione, delle sue parti. Ad ogni livello di complessità ecologica emergono proprietà interamente nuove, come la ‘capacità di respirare’ che non si possono neppure ipotizzare se osserviamo i singoli componenti del sistema».
«Negli ultimi anni l’attenzione del mondo della ricerca verso i meccanismi che regolano i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera è cresciuta enormemente, per la loro importanza come gas a effetto serra responsabili dell’aumento globale delle temperature. L’anidride carbonica segue un ciclo complesso, venendo scambiata in diverse forme tra organismi viventi e ambiente fisico ma nulla si sapeva del ruolo svolto dai fiumi in questo ambito. All’interno del progetto, ogni gruppo di ricerca è stato dotato di una camera flottante per la registrazione dell’anidride carbonica emessa dal fiume. La rilevazione avveniva con due modalità, con la camera ancorata oppure con la camera flottante, cioè trasportata dalla corrente lungo il fiume. Le analisi sono state realizzate per un anno, nelle diverse stagioni, sia durante il giorno che durante la notte, in una serie di finestre temporali in cui tutti i gruppi europei hanno lavorato negli stessi giorni» spiega Alberto Doretto, ricercatore del Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica (DISIT) di Vercelli dell’Università del Piemonte Orientale.
Analizzando l’enorme mole di dati raccolti, i ricercatori hanno evidenziato come tutti i fiumi emettano anidride carbonica, pur con modalità e tempistiche ben differenti. Ad esempio, l’emissione è risultata mediamente maggiore durante la notte rispetto alle ore diurne ed inoltre i fiumi che solcano aree coltivate e antropizzate hanno un’emissione maggiore rispetto ai fiumi che scorrono in bacini forestali. La produzione di CO2 e la sua variazione nel tempo sono legati a fattori che agiscono a diverse scale, come la latitudine, la turbolenza dell’acqua, la stagione, l’ora del giorno e anche le caratteristiche ecologiche del sistema. Gli effetti dell’attività fotosintetica e della respirazione si integrano con le differenze di pressione parziale tra atmosfera ed idrosfera, la fotomineralizzazione ed altri elementi a tracciare un quadro complesso ed interessante.