Maltempo Roma, geologi: “Smettiamola di chiamarle ‘bombe d’acqua’, la responsabilità è solo nostra”

A Roma il consumo di suolo ormai "non è più compatibile con le infrastrutture realizzate per smaltire le acque di pioggia"
MeteoWeb

La città di Roma è stata interessata ieri da un allagamento urbano, come già accaduto di recente a Milano, Palermo, Torino, Bari, Padova e tante altre città italiane. Le piogge intense si verificano sempre più con maggiore frequenza e sono spesso causa di forti disagi e pericoli per la popolazione che vive in aree urbane. Sono questi tra gli effetti dei cambiamenti climatici e delle attività antropiche. A Roma il consumo di suolo ormai non più compatibile con le infrastrutture realizzate per smaltire le acque di pioggia. Queste opere, a servizio delle città, sono state progettate e realizzate molti anni fa con criteri non più idonei alla crisi climatica attuale e, nella maggior parte dei casi, prive di manutenzione ordinaria e straordinaria“: lo ha affermato Antonello Fiore, Presidente della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA). “Dovremmo smettere di chiamarle “bombe d’acqua”, il termine “bomba” richiama alla mente un attacco improvviso, inaspettato, e due schieramenti contrapposti. Nel caso delle piogge brevi e intense, dei nubifragi, non ci sono due schieramenti contrapposti, la responsabilità è solo nostra che non siamo stati in grado di valutare a lungo termine gli effetti di quello che riteniamo ancora oggi progresso: l’urbanizzazione e il consumo di suolo (l’ultimo dato ISPRA ci indica che in Italia ogni secondo consumiamo 2 metri quadri di suolo). Le aree urbane si sono notevolmente espanse producendo una notevole impermeabilizzazione del suolo che oggi non è più in grado di assorbire la pioggia. Abbiamo eliminato gli alberi in grado di rallentare con le chiome la forza battente della pioggia e, con le loro radici evitare l’erosione del suolo”.

I disagi vissuti ieri a Roma non sono i primi e non saranno gli ultimi. Già nel recente passato, ottobre 2011 e febbraio 2014, varie parti del territorio urbano Roma, furono interessati da fenomeni di allagamento. L’aumento della superficie impermeabile diminuisce la quantità di acqua che s’infiltra nel sottosuolo e accresce quella che scorre in superficie. I sistemi di opere per la raccolta delle acque bianche – ha dichiarato Eugenio Di Loreto, geologo, Presidente SIGEA sezione Lazio – realizzate decine di anni fa non sono più in grado di smaltire regolarmente le acque di pioggia a causa di tre fattori: sono state progettate con un regime pluviometrico diverso dall’attuale; sono state progettate per smaltire quantità di acqua piovana che con l’aumento dell’urbanizzazione sono notevolmente aumentate; spesso non sono interessate da lavori periodici di manutenzione.
Il territorio di Roma inoltre ha peculiari caratteristiche geomorfologiche, con presenza di terreni poco permeabili e un andamento topografico collinare che favorisce il deflusso e la raccolta delle acque di pioggia nelle valli. Emblematica in tal senso, la situazione di Corso di Francia, che si trova nel punto più depresso tra la Collina Fleming e la collina della Farnesina, pertanto raccoglie le acque superficiali che scorrono lungo le strade asfaltate nelle zone di monte.
Poiché è nelle aree urbane che trascorriamo la maggior parte del nostro tempo, sono necessari studi per valutare la vulnerabilità del sistema naturale ed antropico. Attraverso tali analisi e studi si potranno comprendere e valutare i processi in atto e trovare le soluzioni più efficaci per contrastarli adeguamento e manutenzione dei sistemi di smaltimento delle acque piovane, con la riduzione del consumo di suolo. L’obiettivo è quello di realizzare un modello di rigenerazione urbana e di sviluppo sostenibile delle città. Le città possono quindi diventare il fulcro nel contrasto al cambiamento climatico. Ciò che viene loro richiesto per fronteggiare gli impatti previsti è rispondere urgentemente alla necessità di adattarsi, dotandosi di politiche e strumenti opportuni, che vedano la partecipazione attiva dei cittadini nel processo decisionale, in quanto sono loro i primi che affrontano realmente i cambiamenti in atto. Cosa deve fare perciò, nel concreto, una città? Deve diventare resiliente, come suggerisce l’International Panel for Climate Change (IPCC), attuando strategie di trasformazione del contesto urbano in un organismo resiliente, dal latino resiliens, ossia capace di sopportare shock esterni senza riportare gravi danni quando viene colpita da eventi meteo significativi. Queste dovrebbero diventare le vere priorità per garantirci sicurezza e benessere. La SIGEA, invita i decisori politici a investire prioritariamente i fondi comunitari nella realizzazione di interventi di manutenzione delle reti di raccolta delle acque meteoriche e nella rigenerazione delle aree urbane.
Infine, si forniscono alcune raccomandazioni ai cittadini in caso di nubifragio: non attraversate i sotto passaggi e abbandonate subito i locali interrati, potreste trovarvi di fronte a trappole mortali”.

Condividi