Il 51% dei pazienti con mieloma multiplo recidivato/refrattario, che hanno già ricevuto almeno tre precedenti trattamenti, è vivo a due anni grazie alla terapia cellulare con una nuova CAR T, ide-cel. La sopravvivenza globale mediana ha superato i due anni (24,8 mesi). Risultati molto importanti, se pensiamo che per questi pazienti pesantemente pretrattati, prima dell’arrivo delle CAR T, l’aspettativa mediana di vita era compresa fra 6 e 9 mesi. I risultati descritti sono relativi all’aggiornamento dello studio di fase 2 KarMMa, che ha arruolato 128 pazienti trattati con ide-cel, presentati al Congresso dell’Associazione Europea di Ematologia (European Hematology Association, EHA), che si è svolto recentemente, e approfonditi oggi in una conferenza stampa virtuale promossa da Celgene ora parte di Bristol Myers Squibb. Ogni anno, in Italia, 5.800 persone sono colpite da mieloma multiplo, un tumore del sangue che ha origine nel midollo osseo caratterizzato da ripetute recidive. Pertanto i pazienti hanno necessità di più opzioni terapeutiche nelle diverse fasi della malattia, con l’obiettivo di cronicizzarla anche nei casi più gravi.
“KarMMa è il primo studio di fase 2 con cellule CAR T disegnato e condotto per la terapia del mieloma multiplo recidivato/refrattario – afferma il Prof. Michele Cavo, Direttore dell’Istituto di Ematologia ‘L. A. Seràgnoli’, IRCCS S. Orsola-Malpighi, Università degli Studi di Bologna e Professore Ordinario di Ematologia presso la stessa Università –. I pazienti arruolati avevano già ricevuto una mediana di 6 precedenti regimi di trattamento e l’84% era refrattario a tutte le tre classi di nuovi farmaci comunemente in uso, che includono gli agenti immunomodulanti, gli inibitori del proteasoma e gli anticorpi monoclonali anti-CD38. La durata mediana del follow-up è stata di 24,8 mesi, la più lunga finora raggiunta con una terapia CAR T nel mieloma multiplo. Il tasso di risposta globale ha raggiunto il 73% in tutti i pazienti trattati, con il 33% dei pazienti che hanno ottenuto una risposta completa. La durata mediana della risposta è stata di 10,9 mesi e la sopravvivenza mediana libera da progressione di malattia è stata pari a 8,6 mesi nell’intera popolazione di pazienti. Questi risultati sono stati confermati in tutti i sottogruppi di pazienti in studio, in particolare quelli ad alto rischio (malattia extramidollare, alto rischio citogenetico etc)”.
La terapia con cellule CAR T, basata sui linfociti del paziente modificati geneticamente, rappresenta il fronte più avanzato dell’immunoterapia. I linfociti T vengono prelevati dal paziente, ingegnerizzati in laboratorio con una procedura complessa per poi essere reinfusi nel paziente. L’Istituto di Ematologia ‘Seràgnoli’ di Bologna ha partecipato attivamente allo studio KarMMa, che ha evidenziato risultati fino a 5 volte superiori rispetto a quelli attualmente stimati per questa popolazione di pazienti, che non rispondono più a nessuna terapia disponibile e con una aspettativa di vita limitata. Inoltre, grazie all’elevata tollerabilità dimostrata anche da un’analisi separata sulla neurotossicità, la terapia CAR T garantisce una buona qualità di vita. Lo studio conferma l’efficacia di ide-cel nel potenziale controllo della malattia a lungo termine.
Se la terapia con CAR T rappresenta l’ultima frontiera della ricerca scientifica, l’innovazione terapeutica negli ultimi 20 anni è stata costituita dall’introduzione di farmaci con azione diretta verso le plasmacellule e il ‘microambiente midollare’, primi tra tutti gli immunomodulanti. Grazie a queste armi l’obiettivo della cronicizzazione della malattia è sempre più una realtà per alcuni pazienti. In un ventennio, infatti, la sopravvivenza mediana è passata da circa 36 mesi a 7 anni. Al Congresso EHA è stato presentato in sessione orale anche uno studio (CC-220-MM-001) sulla combinazione di tre diversi farmaci: nello studio vengono valutate l’efficacia e la sicurezza di diverse combinazioni terapeutiche in specifici gruppi di pazienti, la prima tripletta analizzata è costituita da iberdomide, desametasone (cortisone) e daratumumab (anticorpo monoclonale), la seconda da iberdomide, desametasone e bortezomib (inibitore del proteasoma) e la terza da iberdomide, desametasone e carfilzomib (inibitore del proteasoma).
“Iberdomide è un potente modulatore di Cereblon, un componente di un complesso proteico che rappresenta il target degli immunomodulatori lenalidomide e pomalidomide, rispetto ai quali è molto più potente. In questo studio – conclude il Prof. Cavo – sono stati arruolati pazienti pesantemente pretrattati, con almeno 4 precedenti regimi di terapia. È stata definita la dose raccomandata per la fase II per la combinazione iberdomide, desametasone e daratumumab (1,6 mg). L’identificazione del dosaggio è una tappa ulteriore nel processo di sviluppo di iberdomide, che lo rende più vicino all’utilizzo nella pratica. Inoltre è emersa la buona tollerabilità delle tre triplette a base di iberdomide. Rilevante anche il profilo di efficacia, con una probabilità di risposta globale del 41% per la combinazione con daratumumab e quasi del 60% con gli inibitori del proteasoma”.