La strategia vaccinale per la fascia d’età dai 12 ai 15 anni nel Regno Unito è in fase di revisione da parte del Comitato congiunto per la vaccinazione e l’immunizzazione del Governo britannico (Joint Committee on Vaccination and Immunization). “Un numero molto piccolo di bambini ad alto rischio è stato vaccinato, a discrezione individuale di pediatri specializzati, ma generalmente non vengono vaccinati. La vaccinazione, in questa fascia d’età, viene considerata per alcuni gruppi specifici di bambini con gravi neuro-disabilità che tendono ad avere infezioni ricorrenti del tratto respiratorio, e con bisogni complessi,” si legge in un approfondimento pubblicato su “Goccia a goccia. A scavar pietre e nutrire arcobaleni“, rubrica quotidiana di “evidenze scientifiche epidemiologiche sui rischi di Covid-19 legati alle scuole” curata da Sara Gandini, epidemiologa e docente dell’Università Statale di Milano (direttrice dell’unità “Molecular and Pharmaco-Epidemiology” presso il dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano).
Nel post pubblicato su Facebook si cita Robert Dingwall, membro del Comitato congiunto per la vaccinazione e l’immunizzazione e professore emerito e direttore fondatore dell’Istituto di Scienza e Società, Università di Nottingham: l’esperto “ha scritto su Twitter alcune considerazioni in linea con le cose su cui abbiamo scritto anche noi“, e cioè, in dettaglio:
“Il rischio/beneficio per gli adolescenti deve essere fermamente stabilito. Il programma britannico è già stato modificato perché il rischio/beneficio dell’AZ non era chiaro per i 20 e 30enni.
Gli adolescenti sono intrinsecamente a basso rischio di Covid. I vaccini devono essere eccezionalmente sicuri per superare i rischi.
Dato il basso rischio di Covid per la maggior parte degli adolescenti, non è immorale pensare che possano essere meglio protetti dall’immunità naturale generata dall’infezione piuttosto che chiedere loro di correre il possibile rischio di un vaccino.
La pandemia finirà attraverso l’immunità della popolazione, sia per la vaccinazione che per l’infezione precedente.
Un’ultima ondata di infezioni lievi nei giovani non vaccinati potrebbe essere ciò che stiamo vedendo ora…
E’ passato il tempo di farsi prendere dal panico per i tassi di infezione e di pubblicarli ossessivamente. Anche i tassi di ospedalizzazione sono sempre più fuorvianti in quanto una migliore terapia riduce la durata del soggiorno“.
Nell’intervista a Il Fatto Quotidiano l’esperto ha aggiunto: “Gli anziani vaccinati non devono avere paura dei bambini e i bambini non devono avere paura di infettare gli anziani vaccinati. Non c’è motivo di adottare misure eccezionali di cautela che non sarebbero state considerate nel 2019 per controllare qualsiasi altro virus respiratorio. Se non avremmo fatto qualcosa in risposta all’influenza stagionale, non dovremmo farlo per il Covid“.
Infine la rubrica cita l’accenno dell’esperto all’endemizzazione del virus “come abbiamo scritto recentemente anche noi in un pezzo su il fatto quotidiano“: “Siamo in un processo di transizione verso il Covid endemico, un ulteriore virus respiratorio nelle popolazioni umane che sarà un fastidio occasionale come l’influenza, ma è molto improbabile che rappresenti una minaccia catastrofica per l’umanità. Infatti, dal momento che è più stabile dei virus influenzali, sono molto meno preoccupato per questo mentre andiamo avanti di quanto lo sia per la prospettiva di una nuova pandemia influenzale“.