“L’esitanza è un problema a cui stiamo mettendo ora un cerottino, anche con il Green pass, ma dobbiamo partire in situazioni non critiche, non emergenziali, non pandemiche, e fare cultura della prevenzione fin da bambini, quando sul tema salute non abbiamo difficoltà“. Sono parole molte chiare quelle di Guendalina Graffigna, docente in psicologia dei consumi e della salute all’università Cattolica del Sacro Cuore. Alla Dire, la studiosa consegna alcune considerazioni su ciò che la pandemia ha insegnato, sia ai cittadini che alle istituzioni.
“Ai cittadini ha insegnato quanto ogni singola scelta comportamentale abbia ricadute fuori dal nostro controllo e percezione e quanto tutti siamo interconnessi: siamo tutti parte in causa nel sistema sanitario. Al contempo, penso che la pandemia abbia insegnato agli esperti e alle autorità quanto il coinvolgimento del cittadino sia fondamentale – aggiunge Graffigna – il cosiddetto patient engagement, a 18 mesi dall’inizio dell’emergenza Covid, anche se abbiamo il vaccino il problema è ancora il desiderio del cittadino di aderire ed essere coinvolto. Il fattore umano on può essere sottaciuto ed essere trattato solo in acuzia. Un altro insegnamento è quello di onsiderare anche la psicologia e le scienze comportamentali, perché possono aiutarci in questa ottica istemica e strategica”, precisa Graffigna.
“Come centro di ricerca abbiamo monitorato gli atteggiamenti verso i vaccini anti Covid a partire da maggio 2020 quando il vaccino ancora non esisteva: da allora, abbiamo individuato una sacca di persone dubbiose, i cosiddetti esitanti. Non solo no-vax, che peraltro è un’etichetta e non dobbiamo cadere preda di meccanismi semplificatori; gli esitanti non esistono, esistono le persone che sono fortemente contrarie ai vaccini, per diverse ragioni valoriali, ideologiche, politiche, ma è una percentuale molto piccola“, spiega ancora Guendalina Graffigna, ordinario della psicologia dei consumi e della salute della Cattolica Sacro Cuore e direttrice del centro di ricerca EngageMinds hub, afferente l’università.
“Quello che invece è una quota più ampia riguarda coloro che esprimono dei dubbi sulla campagna vaccinale – aggiunge l’esperta – e che probabilmente si concluderà con un’adesione al farmaco: c’è chi è attendista, chi ha avuto problemi pragmatici, organizzativi, chi ha perplessità rispetto all’efficacia e alla sicurezza, nonché ai processi di sviluppo del vaccino. Quello che per gli scienziati è stata una conquista straordinaria, i tempi di realizzazione del vaccino, non è stata apprezzata altrettanto da queste persone, che ricordiamo – sottolinea Graffigna – non sono scienziati. Tutto questo è stato condito da come è stata condotta la comunicazione sui vaccini: gli esperti hanno offerto il fianco alla confusione, se riguardiamo alle vicende comunicative un po’ di vulnus ci sono stati, chiaramente in buona fede. Dal 27 dicembre, quando si è detto che ‘uscivamo dal tunnel con il vaccino’, si è creata una falsa credenza: quella grande libertà promessa con il farmaco anti Covid è stata disconfermata dagli avvenimenti, da vincoli pragmatici-organizzativi, da difficoltà di approvvigionamento, da ritardi nelle forniture e ora dalle varianti. Questo non è stato adeguatamente recepito dalla popolazione (non da tutti almeno) e anche ora, parlare di variante delta che può colpire persone che hanno ricevuto la somministrazione, è un ulteriore elemento che complica il piano dal punto di vista percettivo”.
È quindi un’analisi della percezione da parte delle persone, quella in cui si addentra Graffigna, che spiega: “la psicologia è complessa e nelle situazioni di grande incertezza i meccanismi semplificatori di pensiero ci portano a ragionare per salti logici e la comunicazione su questo deve essere attenta a non generare false credenze, perché una credenza che oggi può essere funzionale, come a fine dicembre il vaccino che ci avrebbe portato fuori dalla pandemia entro pochi mesi, può rivelarsi un boomerang sui cittadini, che non riescono a rimettere insieme i pezzi di questa narrazione”.