Temperature aumentate di 2°C nell’ultimo secolo, precipitazioni diminuite del 12%, densità di popolazione di sei volte maggiore rispetto alla metà dell’Ottocento nelle aree più antropizzate: sono solo alcuni dei risultati appena pubblicati su Nature Ecology & Evolution che analizzano per la prima volta gli effetti dei cambiamenti climatici, la crescita della popolazione umana ed i cambiamenti nell’uso del suolo sulla biodiversità degli invertebrati in Italia, utilizzando dati raccolti negli ultimi 150 anni.
Il team di ricerca dell’Università degli Studi di Milano è stato coordinato da Silvio Marta e Francesco Ficetola del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali e ha dimostrato come il clima (temperatura e precipitazioni), la densità di popolazione e gli ecosistemi siano cambiati in modo impressionante.
Nell’ultimo secolo le temperature sono aumentate in media di 2°C, ma non solo. Nello stesso periodo, le precipitazioni sono diminuite in media del 12%, mentre la densità di popolazione umana è aumentata in modo costante fino al 1980, per poi stabilizzarsi sui livelli attuali (circa sei volte più elevati rispetto all’inizio della serie). Inoltre, la quantità di habitat naturali e seminaturali è diminuita fino al 1950, per poi aumentare di circa il 15%, soprattutto nelle aree di montagna.
I cambiamenti nelle precipitazioni sono il fattore che ha avuto il più forte impatto sulla biodiversità: le comunità animali sono cambiate di più nelle aree in cui le precipitazioni sono diminuite maggiormente, comportando generalmente un aumento dei tassi di estinzione e colonizzazione. Gli impatti delle precipitazioni sono stati particolarmente forti nelle aree che hanno subito un aumento di popolazione umana o delle temperature.
Gli aumenti delle temperature hanno avuto un impatto inferiore rispetto ai cambiamenti di precipitazioni. Come atteso, l’aumento delle aree naturali ha avuto effetti benefici sulla diversità, favorendo la colonizzazione e l’incremento della diversità, mentre l’aumento della popolazione umana è stato usualmente associato a decrementi in diversità biologica. Ciò evidenzia ancora una volta come il disturbo umano e gli impatti diretti e indiretti abbiano effetti deleteri sulle comunità biologiche.
“Gli studi degli impatti del cambiamento climatico sulla biodiversità spesso si concentrano sull’effetto degli aumenti delle temperature” – spiega Silvio Marta. “Tuttavia, nelle aree mediterranee come l’Italia, non bisogna assolutamente trascurare gli effetti delle precipitazioni, che possono avere impatti drammatici. L’Italia è uno dei paesi in cui la biodiversità è studiata da più tempo, e le collezioni dei nostri musei forniscono dati preziosissimi, permettendo di ricostruire i cambiamenti che sono avvenuti nel nostro paese negli ultimi 150 anni, e di stabilire un legame diretto tra cambiamenti ambientali e perdita di biodiversità. Capire quanto è successo è una base fondamentale per gestire i cambiamenti che sono in corso ora ed avverranno nei prossimi decenni”, chiude Marta.