Nuovi studi confermano ulteriormente il nesso tra inquinamento e rischio di gravi infezioni da Covid-19: l’esposizione prolungata alle polveri sottili (in particolare il particolato fine PM2,5) causa un maggiore rischio di sviluppare la malattia da Covid in forma grave. Il risultato è stato presentato in un lavoro che sarà presentato al Congresso Europeo della Società Europea di Clinical Microbiology & Infectious Diseases (ECCMID). Condotto da Anita Shallal dell’ospedale Henry Ford Hospital a Detroit, il lavoro mostra che gli individui maggiormente esposti al particolato fine PM2.5 hanno un rischio triplo di essere intubati e un rischio doppio di permanere in un reparto di terapia intensiva.
I ricercatori hanno presto in esame l’esito del Covid in 2038 pazienti ricoverati in 4 ospedali della zona di Detroit. Sono stati confrontati gli esiti dell’infezione con i livelli di inquinamento della zona di residenza di ciascun paziente, considerando diverse caratteristiche dell’aria, il traffico, i livelli di ozono, l’uso di pitture al piombo sui palazzi etc. Da questo è emerso un chiaro collegamento tra i livelli di particolato fine della zona di residenza dei pazienti e la gravità del Covid. Secondo gli esperti l’esposizione prolungata al particolato fine rende meno efficienti le difese immunitarie esponendo a maggior rischio i pazienti. Ma non solo: è altresì possibile che il virus viaggi sulle polveri sottili, guadagnando, dunque, una maggiore capacità di trasmissione. Secondo i ricercatori lo studio sottolinea ancora una volta il rischio maggiore dei ceti svantaggiati che oltre a soffrire più di frequente di patologie come il diabete e di obesità, vivono in zone più inquinate.