Raccolti, nel 2019, circa 32.000 dati (+12,28% rispetto all’anno precedente), dei quali 21.000 (+20%) in 7.400 campioni ambientali e circa 11.000 in 4.300 campioni alimentari (dato invariato rispetto al 2018). Dalle misurazioni emerge che le concentrazioni non hanno rilevanza dal punto di vista radiologico e non costituiscono alcun rischio per la salute e per l’ambiente.
E’ quanto rende noto l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN), con la pubblicazione del Rapporto “La sorveglianza della radioattività ambientale in Italia”, da oggi disponibile online al link https://www.isinucleare.it/sites/default/files/contenuto_redazione_isin/rapporto_sulla_radioattivita.pdf. Il documento riporta una sintesi dei rilevamenti radiometrici effettuati nel 2019 dalla REte nazionale di SORveglianza della RADioattività ambientale – RESORAD, costituita dalle Agenzie Regionali e delle Province Autonome per la Protezione dell’Ambiente (ARPA/APPA) e dagli Istituti Zooprofilattici Sperimentali.
La rete monitora la presenza di radioattività nell’ambiente e negli alimenti e segnala, anche con funzione di allarme, la presenza di eventuali valori radiometrici anomali.
Il Rapporto ISIN riporta in particolare i valori di concentrazione dei radionuclidi cesio – 137 e stronzio – 90, il cui livello di radioattività si dimezza ogni 30 anni circa, principali indicatori della presenza di radioattività nell’ambiente derivante dalle attività nucleari e dalle ricadute degli esperimenti atomici condotti in atmosfera nel dopoguerra e dall’incidente alla centrale nucleare di Chernobyl. Le concentrazioni misurate non costituiscono alcun rischio per la salute e per l’ambiente.
Rispetto alla copertura territoriale del monitoraggio, tuttavia, le criticità non mancano, come si evince anche dalle rappresentazioni grafiche contenute nel rapporto: i confini regionali segnano spesso incongrue discontinuità di dati fra territori limitrofi. Ciò dipende da una parziale disomogeneità per alcune matrici/radionuclidi nella copertura dei rilevamenti sul territorio nazionale.
In materia di radon, il Rapporto contiene un quadro delle novità introdotte dal D.Lgs. n. 101/2020 sul controllo della radioattività ambientale, oltre a una sintesi dei dati disponibili. Proseguono infatti i lavori per gli adempimenti normativi introdotti dal nuovo decreto, tra i quali l’elaborazione del Piano nazionale d’azione per il radon concernente i rischi di lungo termine dovuti all’esposizione al radon.
Il radon è un gas naturale generato dal decadimento radioattivo del radio che si trova naturalmente nelle rocce, nei suoli e nei materiali da costruzione che ne derivano. Entra e si diffonde negli edifici (radon indoor), raggiungendo concentrazioni, variabili da ambiente ad ambiente, che possono rappresentare un rischio eccessivo per gli occupanti a causa della cancerogenicità accertata.
In Italia si stima che, su circa 31.000.000 di abitazioni censite sul territorio nazionale, più di 500.000 (pari a circa l’1,7%) presenterebbero livelli di radon superiori al limite di massimo riferimento di 300 Bq m-3 fissato dal Decreto Legislativo 101/2020 per i luoghi di lavoro e per le abitazioni esistenti.
Sarebbero circa 200.000 (pari al 4,1% del totale), le abitazioni in Lombardia in cui i valori di radon superano tale valore di riferimento nazionale; a seguire il Lazio (circa 170.000 abitazioni, pari al 6,2%), il Friuli Venezia Giulia (circa 39.000, pari al 5,7%), la Campania (34.000 e una percentuale dell’1,4%) e l’Abruzzo (circa 22.000 abitazioni, pari al 2,9% del totale). La concentrazione media stimata per l’Italia è risultata pari a circa 70 Bq m-3, valore superiore alla media europea, pari a circa 55 Bq m-3, e a quella mondiale, pari a circa 40 Bq m-3.
Il monitoraggio del radon è fondamentale per conoscere i livelli di esposizione della popolazione. Per conoscere i livelli di radon nei propri ambienti di vita è necessario effettuare una specifica misurazione. A seconda dei livelli riscontrati, è possibile limitare l’esposizione in alcuni casi grazie a piccoli accorgimenti, tra i quali garantire la ventilazione o la miscelazione con aria esterna e sigillare le vie di ingresso del gas all’interno degli ambienti, in altre situazioni effettuando interventi di risanamento.