Scuola, il Rapporto Invalsi è drammatico: la dad ha causato danni enormi e studenti sempre più ignoranti

Non solo ignoranza ma anche dislivello sociale: gli studenti sotto il livello minimo sono molti di più tra quelli socialmente svantaggiati e immigrati. La DaD, in un solo anno e mezzo, ha fatto danni irreparabili
MeteoWeb

Nell’ultimo anno e mezzo la dad, Didattica a distanza, ha diviso gli italiani tra chi la vede come l’unica soluzione per frenare i contagi da Covid e chi, invece, è convinto che i danni a lungo termine per questo tipo di ‘smart’ scuola saranno ingenti e, in alcuni casi, irreparabili. Chi ha ragione? E soprattutto: la verità sta davvero tutta da una parte sola? Ad aiutarci a rispondere a queste domande arrivano i risultati delle tanto temute (e discusse) prove Invalsi.

La conclusione più palese alla quale si è giunti con il Rapporto Invalsi è che la pandemia e la dad hanno fatto danni enormi sull’apprendimento dei ragazzi, soprattutto alle superiori. Ecco alcuni numeri: alle medie il 39% degli studenti non ha raggiunto risultati adeguati in italiano, il dato sale al 45% in matematica. Alle superiori il dato sale rispettivamente al 44% e al 51% con un +9%. In molte regioni del Sud oltre la metà degli studenti non raggiunge la soglia minima di competenze in Italiano: Campania e Calabria 64%, Puglia 59%, Sicilia 57%, Sardegna 53%, Abruzzo 50%. In Campania il 73% degli studenti è sotto il livello minimo di competenza in matematica, in Sicilia 70%, 69% Puglia.

Il calo è generalizzato in tutto il Paese e solo la Provincia autonoma di Trento rimane sopra alla media delle rilevazioni del 2018 e del 2019. Il numero di studenti che si sono assestati sotto il livello minimo cresce di più tra quelli socialmente svantaggiati e presumibilmente anche tra quelli immigrati. Sono il 9,5%, ovvero oltre 40 mila i giovani di 18-19 anni, coloro escono da scuole senza competenze, impreparati: “sono la metà della città di Ferrara – ha fatto notare Roberto Ricci, responsabile nazionale delle prove Invalsi – un terzo di Modena. La bocciatura non cambia le cose, è più funzionale all’organizzazione della scuola che alle competenze. I dati dicono che anche gli studenti che hanno avuto una bocciatura, continuano ad avere esiti sensibilmente più bassi di chi non è stato bocciato, dunque la bocciatura non è la soluzione. La sfida credo sia cercare risposte alternative, che sono già tutte nell’ordinamento vigente, non necessitano di particolari risorse le indicazioni nazionali”.

Il tempo che è trascorso – ha concluso il ricercatore – non lo recuperiamo con la bacchetta magica, ma usare questi dati può aiutare a prendere decisioni da calare nella realtà“. La Puglia, ha fatto notare, che per diversi anni è stata citata come esempio in controtendenza incoraggiante, rispetto al resto del meridioni, si è giocata con la pandemia quel guadagno che aveva accumulato.

Alle superiori il 51% non sa matematica, il 44% l’italiano

La pandemia e la dad hanno nociuto più che ad altri, agli studenti delle scuole superiori. In particolare, rispetto al 2019, i risultati del 2021 di Italiano e Matematica sono più bassi, mentre quelli di Inglese (sia listening sia reading) sono stabili. “La DaD ha supplito nell’emergenza ma vi sono state perdite di apprendimento e non solo“, ha detto, aprendo la presentazione, la presidente di Invalsi, Annamaria Ajello. A livello nazionale gli studenti che non raggiungono risultati adeguati, ossia non in linea con quanto stabilito dalle Indicazioni nazionali sono in Italiano il 44% (+9 punti percentuali rispetto al 2019), in matematica il 51% (+9 punti percentuali rispetto al 2019), in inglese-reading (B2) il 51% (+3 punti percentuali rispetto al 2019), in inglese-listening (B2) il 63% (+2 punti percentuali rispetto al 2019). Rispetto al 2019 l’Istituto riscontra un calo di circa 10 punti in Italiano a livello nazionale, ma con forti differenze tra le regioni; un calo di circa 10 punti in matematica a livello nazionale, ma con forti differenze tra le regioni con percentuali molto elevate di allievi al di sotto del livello minimo nelle regioni del Mezzogiorno, in particolare in Campania e Puglia, nessuna perdita di apprendimento per inglese-reading e inglese listening. In tutte le materie le perdite maggiori di apprendimento si registrano in modo molto più accentuato tra gli allievi che provengono da contesti socio-economico-culturali più sfavorevoli, con percentuali quasi doppie tra gli studenti provenienti da un contesto svantaggiato rispetto a chi vive in condizioni di maggiore vantaggio.

I divari territoriali si ampliano maggiormente passando dalle regioni del Centro-nord a quelle del Mezzogiorno. In molte regioni del Mezzogiorno oltre la metà degli studenti non raggiunge nemmeno la soglia minima di competenze in italiano (Campania 64%, Calabria 64%, Puglia 59%, Sicilia 57%, Sardegna 53%, Abruzzo 50%). In matematica le percentuali di studenti sotto il livello minimo di competenza crescono ancora: Campania 73%, Calabria e Sicilia 70%, Puglia 69%, Sardegna 63%, Abruzzo 61%, Basilicata 59%, Lazio 56%, Umbria 52%, Marche 51%. Le percentuali di allievi che non raggiungono il traguardo previsto al termine dell’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado (B2 del QCER) divengono molto preoccupanti, se non addirittura drammatiche, sia per inglese-reading (Campania 68%, Puglia e Calabria 67%, Sicilia 66%, Sardegna 63%, Basilicata e Abruzzo 61%, Umbria 56%, Lazio 55%) e per inglese-listening (Calabria 82%, Campania 81%, Sicilia 80%, Basilicata 80%, Puglia 78%, Abruzzo 76%, Sardegna 71%, Umbria e Molise 67%, Lazio 65%, Marche 61%, Toscana 59%, Liguria e Piemonte 54%, Emilia-Romagna 53%, Veneto 51%).

La primaria tiene nonostante tutto

Il confronto degli esiti della scuola elementare del 2019 e del 2021 restituisce un quadro sostanzialmente stabile. La scuola primaria è riuscita ad affrontare le difficoltà della pandemia garantendo risultati pressoché uguali a quelli riscontrati nel 2019. I risultati della scuola primaria sono molto simili in tutte le regioni del Paese e difficilmente le differenze sono significative in senso statistico. Tuttavia – fanno notare i ricercatori – emergono già alcune indicazioni che possono lasciare intravedere aspetti problematici che nel ciclo secondario contribuiscono a determinare risultati molto diversi sul territorio nazionale e tra le scuole.

I risultati medi di Italiano al termine della II elementare e della V elementare sono molto simili all’interno di ciascun grado scolastico in tutto il Paese e si riscontra un leggero incremento degli allievi che si trovano nei livelli più alti di risultato (livelli 4-5-6). Per Matematica, invece, si osserva un leggero calo del risultato medio complessivo rispetto al 2019 e una piccola riduzione del numero degli allievi che raggiungono risultati buoni o molto buoni (livelli 4-5-6). Buoni i risultati d’Inglese degli allievi della scuola primaria: il 92% degli allievi della V elementare raggiunge il prescritto livello A1 del QCER nella prova di lettura (reading) e l’82% di allievi il prescritto livello A1 del QCER nella prova di ascolto (listening). Al Nord e al Centro gli allievi che raggiungono il livello A1 di reading sono circa il 90%, mentre al Sud circa l’85%. Per il listening, invece, gli allievi che si collocano al livello A1 sono circa l’87% al Nord e al Centro, mentre circa il 77% al Sud.

Già a partire dal ciclo primario, in Italiano, in Inglese e ancora di più in Matematica si riscontra una differenza dei risultati tra scuole e tra classi nelle regioni meridionali. Ciò significa che la scuola primaria nel Mezzogiorno fatica maggiormente a garantire uguali opportunità a tutti, con evidenti effetti negativi sui gradi scolastici successivi. Le prove Invalsi 2021 hanno coinvolto oltre 1.100.000 allievi della scuola primaria (classe II e classe V), circa 530.000 studenti della scuola secondaria di primo grado (classe III) e circa 475.000 studenti dell’ultima classe della scuola secondaria di secondo grado, ovvero oltre il 98% nella scuola primaria, il 93% nella scuola secondaria di primo grado e l’82% nella scuola secondaria di secondo grado.

Il divario comincia alle scuole medie

La pandemia ha aumentato significativamente il numero degli studenti che non raggiungono risultati adeguati in italiano e matematica, ossia non in linea con quanto stabilito dalle Indicazioni nazionali. Sono infatti il 39% in Italiano (+5 punti percentuali rispetto sia al 2018 sia al 2019) e il 45% in Matematica (+5 punti percentuali rispetto al 2018 e +6 punti percentuali rispetto al 2019). Va meglio la situazione in Inglese-reading (A2): i ragazzi che non raggiungono un minimo di competenze sono il 24% , -2 punti percentuali rispetto al 2018 e +2 punti percentuali rispetto al 2019) in Inglese-listening (A2) sono il 41% (-3 punti percentuali rispetto al 2018 e +1 punto percentuale rispetto al 2019). In tutte le materie le perdite maggiori di apprendimento si registrano tra gli allievi che provengono da contesti socio-economico-culturali piu’ sfavorevoli.

Inoltre, tra questi ultimi diminuisce di piu’ la quota di studenti con risultati piu’ elevati. Si riduce quindi l’effetto perequativo della scuola sugli studenti che ottengono risultati buoni o molto buoni, nonostante provengano da un ambiente non favorevole (i cosiddetti resilienti). I divari territoriali tendono ad ampliarsi. In alcune regioni del Mezzogiorno (in particolare Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna) si riscontra un maggior numero di allievi con livelli di risultato molto bassi, che raggiunge il 50% e oltre della popolazione scolastica in Italiano, il 60% in Matematica, il 30-40% in Inglese-reading e il 55-60% in Inglese-listening. Emergono forti evidenze di disuguaglianza educativa nelle regioni del Mezzogiorno sia in termini di diversa capacita’ della scuola di attenuare l’effetto delle differenze socio-economico-culturali sia in termini di differenze tra scuole e, soprattutto, tra classi.

La pandemia ha aggravato la dispersione scolastica

Secondo il Rapporto Invalsi la pandemia potrebbe avere aggravato il problema della dispersione scolastica, ovvero anche quella degli studenti che, pur non essendo dispersi in senso formale, escono pero’ dalla scuola senza le competenze fondamentali, quindi a forte rischio di avere prospettive di inserimento nella societa’ non molto diverse da quelle degli studenti che non hanno terminato la scuola secondaria di secondo grado. Nel 2019 la dispersione scolastica implicita si attestava al 7%, vale a dire che il 7% degli studenti delle scuole italiane nel 2019 ha conseguito il diploma di scuola superiore ma con competenze di base equivalenti al massimo a quelle del primo biennio della scuola secondaria di secondo grado, quando non addirittura alla fine del primo ciclo d’istruzione. Purtroppo la pandemia ha aggravato questo fenomeno e la percentuale della dispersione scolastica implicita ha raggiunto il 9,5% e in alcune ragioni del Mezzogiorno ha superato ampiamente valori a due cifre (Calabria 22,4%, Campania 20,1%, Sicilia 16,5%, Puglia 16,2%, Sardegna 15,2%, Basilicata 10,8%, Abruzzo 10,2%), fenomeno particolarmente preoccupante poiche’ nelle stesse regioni anche il numero di dispersi espliciti (coloro che hanno abbandonato la scuola prima del diploma) e’ considerevolmente piu’ alto della media nazionale.

Dell’incremento della poverta’ educativa, non solo la scuola deve farsi carico – ha messo Annamaria Ajello – la scuola, da sola, rischia di non farcela. Molti possono essere promossi ma poi non hanno acquisizioni salde: il problema e’ drammatico, bisogna puntare a competenze salde, non accontentarsi dell”infarinatura’ o di essere riusciti a non perdere l’anno. Tutto questo deve indurre a una riflessione attenta: la popolazione deve crescere sul piano culturale, le competenze base non possono bastare. La scuola deve insegnare il gusto di imparare, deve nutrire le conoscenze di chi e’ in crescita e va evitato il danno di motivazione. Altrimenti, abbandonando gli studenti fragili, questi sono destinati a divenire cittadini di serie b“.

“Bisogna porre la scuola al centro del Paese per uscire da questa fase nella maniera migliore. La scuola e’ la base di ogni possibile rilancio, non c’e’ sviluppo del Paese se non c’e’ il rilancio della scuola”. Lo ha detto il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi alla presentazione del Rapporto Invalsi.

Condividi