Siccità, nuovi strumenti per scongiurare “la guerra dell’acqua”: l’analisi dell’Ordine dei Geologi

Gli usi plurimi della risorsa idrica necessitano di conoscenze approfondite di tipo idrogeologico, nonché di strumenti normativi adeguati, in grado di contemperare interessi ed esigenze postulando un’azione sinergica, non limitata all’emergenza
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La disponibilità di risorse idriche è, oggi più che mai, condizionata dagli effetti dei cambiamenti climatici, e rappresenta un tema strategico e fortemente dibattuto. I problemi sono ben noti, e si ripresentano, puntualmente, ogni anno. In Calabria, in particolare, le polemiche sulla gestione delle acque dei laghi silani si trascinano da anni: i disagi per l’insufficiente irrigazione dell’area ionica Catanzarese e Crotonese hanno raggiunto proporzioni insostenibili, tanto da meritare l’attenzione di autorevoli testate giornalistiche nazionali. Tra questi, uno pubblicato il 25 luglio parla, appunto, di “guerra dell’acqua”, si legge in una nota del Presidente Consiglio Nazionale dei Geologi Arcangelo Francesco Violo, del Presidente Ordine Regionale dei Geologi della Calabria Alfonso Aliperta e di Giovanni Andiloro, Commissione risorse idriche del Consiglio Nazionale dei Geologi.

Il nodo della questione è legato alla gestione dei rilasci della risorsa idrica da parte della società A2A, che opera in forza di una concessione ad uso idroelettrico. A valle delle centrali di Magisano e Calusia, i quantitativi rilasciati risultano insufficienti a soddisfare le esigenze di irrigazione delle aree gestite dai Consorzi di Bonifica. La tabella dei “volumi di utilizzo”, acclusa al PGA – III ciclo del Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale (attualmente in fase di partecipazione pubblica; la sua approvazione è prevista per fine 2021) evidenzia come, dei circa 670 milioni di metri cubi di acqua invasati nelle dighe calabresi, il 45% venga destinata all’utilizzo “idroelettrico”, il 49% a uso irriguo, e poco più del 6% a uso potabile. Alla luce delle forti sofferenze denunciate sia nel settore agricolo sia nella distribuzione di acqua potabile in varie zone della regione, una riflessione sulla gestione dei grandi invasi calabresi sarebbe quantomeno opportuna. 

Al netto delle specificità previste nella convenzione siglata con A2A, i profili di criticità sono da imputare al quadro normativo nazionale che, in materia di gestione della risorsa idrica, risulta obsoleto e incapace di fronteggiare le nuove esigenze imposte dai cambiamenti climatici in atto. Sebbene il D.lgs 152/06 indichi criteri generali per le priorità di utilizzo (idropotabile-irriguo), esso risulta evidentemente inadeguato a regolare in modo chiaro un ambito di rilevanza tanto vitale, divenuto ancor più complesso negli ultimi  decenni. Gli usi plurimi della risorsa idrica necessitano di conoscenze approfondite di tipo idrogeologico, nonché di strumenti normativi adeguati, in grado di contemperare interessi ed esigenze – rilevanti e assai differenti – postulando un’azione sinergica, non limitata all’emergenza, che responsabilizzi gli Enti e i soggetti coinvolti.

Le riforme previste nel PNRR a tutela della risorsa idrica attraverso il rafforzamento del modello di governance dei Consorzi di Bonifica, e il finanziamento di un piano per l’ammodernamento della rete, rappresentano un’opportunità preziosa e imprescindibile. I profili di criticità sopra menzionati potranno essere superati soltanto attraverso un insieme di interventi infrastrutturali sulla grande rete irrigua collettiva, la conversione dei sistemi di irrigazione, la digitalizzazione e il controllo degli utilizzi. 

Gli scenari climatici, che annunciano eventi siccitosi sempre più frequenti, impongono una politica adattiva efficace nell’uso della risorsa idrica, che permetta di preservare le risorse idriche nei periodi umidi e di utilizzarle, in misura sostenibile, nei momenti di necessità. Il controllo della disponibilità delle risorse idriche superficiali e sotterranee non potrà più essere affidato a rilievi e analisi estemporanee, ma dovrà essere pianificato ed effettuato in maniera sistematica e continuativa, attraverso un monitoraggio efficace, per permetterne la razionalizzazione dell’uso. A tale riguardo, l’Osservatorio sugli Utilizzi Idrici previsto nel P.G.A. del Distretto Idrografico dell’Appennino Meridionale rappresenta un’importante misura “non strutturale”, utile a mitigare gli impatti della siccità. Tale strumento, adeguatamente implementato, risulterebbe ancor più efficace qualora venisse “istituzionalizzato” nella normativa nazionale.

Lo sviluppo sostenibile di comparti vitali (come l’idropotabile) e strategici (come l’agricoltura e l’industria)non può prescindere da nuove strategie di utilizzo e gestione delle risorse idriche, da norme chiare, e da strumenti e pratiche efficaci per valutarne le effettive disponibilità, anche in relazione alla complessità derivante dalle peculiarità idrogeologiche del territorio e dalla variabilità spaziale delle precipitazioni. La redazione di bilanci idrologici e idrogeologici accurati e aggiornati, che includano il catasto delle utenze, consentirebbe di mitigare eventuali deficit quantitativi o qualitativi futuri.

Tutelare la risorsa “acqua” è un dovere collettivo legato al concetto di “equità intergenerazionale”, “sviluppo sostenibile” e ai principi dettati dall’agenda 2030 che necessita di ancorarsi armonicamente alla domanda crescente”, conclude la nota.

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