Diversi studi nel 2020 hanno analizzato la variazione di ozono (O3) troposferico in funzione delle misure di restrizione messe in atto per contenere la diffusione del COVID-19. La maggior parte di questi studi sono stati condotti principalmente in centri urbani o industriali. “Mentre in stratosfera l’ozono svolge un ruolo benefico per la vita sulla Terra, schermando le radiazioni UV nocive provenienti dal Sole, nella troposfera (ossia a quote comprese fra la superficie terrestre e 12–15 km), agisce come gas a effetto serra, Inoltre, se presente in concentrazioni elevate, è un inquinante secondario con effetti nocivi su salute umana ed ecosistemi”, esordisce Davide Putero, ricercatore dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac) di Torino.
Uno studio condotto da ricercatori del Cnr-Isac, in collaborazione con Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismar), Università di Urbino ed Eidgenössische Technische Hochschule (Eth) di Zurigo, pubblicato su Environmental Research Letters, ha analizzato per la prima volta in Italia i possibili impatti delle limitazioni imposte dalla pandemia sulle concentrazioni di O3 misurate in un sito remoto d’alta quota, quindi al di fuori dello strato limite planetario (Planetary Boundary Layer – PBL), ossia la parte di troposfera direttamente influenzata dalla presenza della superficie terrestre e dalle emissioni delle sostanze inquinanti e clima-alteranti. Le misure continuative analizzate sono state condotte presso l’osservatorio “O. Vittori” di Monte Cimone, parte della stazione globale afferente al Wmo/Gaw e gestito dal Cnr-Isac in stretta collaborazione con l’Aeronautica Militare Italiana (Camm Monte Cimone). L’osservatorio è situato sulla vetta più alta dell’Appennino Settentrionale (44°12′ N, 10°42′ E, 2165 m) e posto per la maggior parte dell’anno al di sopra del PBL.
“Durante la primavera e l’estate del 2020, a Monte Cimone sono stati osservati valori di ozono molto inferiori agli anni precedenti (figura 1), sin dal 1996, che l’analisi di variabili meteorologiche e dei cicli giornalieri non ha indicato come riconducibili a cambiamenti nel trasporto verticale di masse d’aria nella zona di Monte Cimone legate ad effetti orografici”, prosegue Paolo Cristofanelli primo ricercatore del Cnr-Isac di Bologna. “I bassi valori di O3 che hanno caratterizzato la primavera e l’estate del 2020 non possono essere spiegati neppure da differenze nella circolazione ad ampia scala rispetto ai cinque anni precedenti. I periodi con i valori più bassi sono stati tra l’altro osservati in concomitanza con masse d’aria provenienti dal PBL dell’Europa e del nord Italia”.
Tutto concorre pertanto a concludere che “durante la primavera e l’estate del 2020, le restrizioni dovute al COVID-19 abbiano ridotto le emissioni antropiche nel PBL dei precursori dell’ozono, ossia di quelle sostanze che, in presenza di radiazione solare, ne provocano la formazione e che possono essere emesse da fonti umane fra cui, ad esempio, il traffico veicolare. Sembrerebbe essere questo ridotto fattore antropico ad avere determinato i bassi livelli osservati a Monte Cimone, in modo particolare quando le masse d’aria provenivano dal PBL europeo e settentrionale”.
In conclusione, quindi, lo studio “conferma l’importanza, come già indicato da studi internazionali, di limitare le emissioni antropiche dei precursori dell’O3, al fine di diminuirne il quantitativo in libera troposfera, dove questo composto svolge il suo ruolo di gas a effetto serra”.