Nella lotta alla pandemia da SARS-CoV-2, molta fiducia era stata riposta nei vaccini, spesso presentati come unica arma per sconfiggere il virus. Eppure alcune nuove varianti di SARS-CoV-2, come quella Delta, si stanno mostrando resistenti ai vaccini, abbassandone l’efficacia. Certo, i vaccini rimangono ancora un potente strumento per ridurre i ricoveri e i decessi soprattutto tra le persone più fragili, come anziani e malati cronici, ma non solo l’unica arma da utilizzare contro il virus.
Già a dicembre 2020, un gruppo di 57 medici americani e di altri Paesi del mondo aveva stilato un documento per sottolineare l’importanza delle cure domiciliari, ossia di quei trattamenti da seguire ai primi sintomi della malattia, evitando così che degeneri in forme gravi che richiedano il ricovero o portino addirittura alla morte. “La prima fase di replicazione virale fornisce una finestra terapeutica di enormi opportunità per ridurre potenzialmente il rischio di conseguenze più gravi nei pazienti ad alto rischio. Tempo prezioso viene sprecato con un approccio del tipo “aspettiamo e vediamo” (la “vigile attesa” italiana, ndr) in cui non c’è un trattamento antivirale mentre la condizione peggiora, determinando forse un ricovero non necessario, morbilità e morte. Una volta contagiati, l’unico mezzo per prevenire un ricovero in un paziente ad alto rischio è applicare un trattamento prima dell’arrivo dei sintomi che richiedono chiamate ai paramedici o visite al pronto soccorso”, scrivono gli esperti nel loro studio.
“Ci sono 4 pilastri per un’efficace risposta alla pandemia: controllo del contagio, trattamento precoce, ricovero, vaccinazione per contribuire all’immunità di gregge. Molti Paesi hanno reso operativi tutti e 4 i pilastri, incluso il secondo pilastro di trattamento domiciliare precoce con kit di medicinali generici e integratori”, si legge nello studio. Nella tabella relativa a tali Paesi, non figura l’Italia. Come sottolinea lo studio, in Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Unione Europea occidentale, Australia e alcuni Paesi del Sud America manca proprio il pilastro del trattamento precoce a casa. “La terapia sequenziale multifarmaco precoce (SMDT) è l’unico metodo attualmente disponibile attraverso il quale ricoveri e morte possono essere ridotti nel breve termine”, scrivono i ricercatori.
Gli esperti hanno allora realizzato un algoritmo per il trattamento sequenziale multifarmaco contro il Covid-19 nei pazienti in auto-isolamento. Nei pazienti sani con meno di 50 anni, viene suggerito un “pacchetto” di neutracetici come solfato di zinco, vitamina D, vitamina C, quercetina e una sorveglianza attenta. Nel caso in cui durante la sorveglianza attenta, i sintomi dovessero peggiorare, viene suggerito il ricorso ad agenti anti-infettivi. Nei pazienti con più di 50 anni o con un’altra malattia o nei pazienti con più di 50 anni e più di una comorbidità, dopo il “pacchetto” di neutracetici, viene suggerito il ricorso, se possibile, ad anticorpi monoclonali, poi ad agenti anti-infettivi. Nel caso di comparsa di sintomi respiratori, viene suggerito il ricorso a farmaci corticosteroidi. Se i sintomi dovessero poi evolvere in una condizione medica grave, viene proposto il ricorso all’aspirina, più l’eparina a basso peso molecolare o altri farmaci anti-coagulanti per contrastare la trombosi.
Gli esperti spiegano che “c’è stato un notevole interesse e studio dell’uso dei micronutrienti e degli integratori per la profilassi e il trattamento per il Covid-19 in combinazione con agenti anti-infettivi. In generale, questi agenti non sono curativi ma aiutano i regimi di trattamento per aumentare la risposta terapeutica. Lo scopo dell’assunzione di integratori è reintegrare le carenze associate alla mortalità da Covid-19 e aiutare a ridurre la replicazione virale e i danni ai tessuti. Lo zinco da solo è un potente inibitore della replicazione virale. Lo zinco in combinazione con l’idrossiclorochina è potenzialmente sinergico nel ridurre la replicazione virale. Questa terapia facilmente disponibile potrebbe essere impiegata ai primi segni di Covid-19. La carenza di vitamina D è stata associata ad una maggiore mortalità da Covid-19”, scrivono gli esperti, sottolineando che la sua integrazione potrebbe ridurre la mortalità. “La vitamina C è stata utilizzata in una varietà di infezioni virali e potrebbe essere utile contro il Covid-19 in combinazione con altri integratori. La quercetina è un polifenolo” in grado di influenzare la replicazione virale e la risposta immunitaria. Quindi, gli esperti affermano che il suo uso in combinazione con altri agenti potrebbe contribuire a ridurre l’amplificazione virale e i danni ai tessuti.
“Fino a quando la pandemia non si esaurirà con l’immunità di gregge a livello di popolazione, potenzialmente aumentata dai vaccini, una terapia sequenziale multifarmaco precoce dovrebbe essere una pratica standard nei pazienti ad alto rischio e con una forma grave di Covid-19, da iniziare alla comparsa dei sintomi”, affermano gli esperti. “Nei Paesi in cui è prevalente il nichilismo terapeutico, i pazienti subiscono sintomi crescenti e senza un trattamento precoce possono soccombere alle cure ospedaliere ritardate e alla morte. L’inizio precoce di una terapia sequenziale multifarmaco è una soluzione ampiamente disponibile per contenere la marea dei ricoveri e dei decessi. Un approccio terapeutico su più fronti include: neutracetici coadiuvanti, terapia anti-infettiva, corticosteroidi per inalazione o via orale, agenti antipiastrinici/anticoagulanti, terapie di supporto, inclusi ossigenoterapia, monitoraggio e telemedicina”, concludono gli esperti.
Mentre la pandemia continua e si evolve, emerge sempre più chiaramente che i vaccini non possono essere l’unica arma per sconfiggere il virus, come sostenuto da un numero crescente di esperti. Anche nel caso in cui si è vaccinati, si può ancora trasmettere e contrarre il virus, e anche ammalarsi in modo serio fino alla morte, a maggior ragione quando si tratta di varianti che mostrano resistenza ai vaccini. In questo contesto, assumono ancora più importanza le cure domiciliari, da applicare all’insorgenza dei primi sintomi per cercare di evitare che si aggravino fino a portare al ricovero o addirittura alla morte.