“Nel 2009 avevamo solo 84 pazienti. In dieci anni sono schizzati a 300 e oggi 420 con diagnosi e ricadute in aumento. Colpa della pandemia: solo nell’ultimo anno in Trentino abbiamo registrato un incremento medio del 30 per cento dei casi di anoressia o bulimia, soprattutto nella fascia pre adolescenziale”. E’ quanto riferito da Aldo Genovese, responsabile del Centro per i disturbi alimentari dell’azienda sanitaria provincia di Trento, presentando i dati delle prestazioni erogate nei primi sette mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
“Tanti adolescenti sono arrivati a chiedere aiuto in una situazione di rischio organico e si è dovuto procedere con il ricovero urgente nel reparto pediatrico – precisa Genovese -. E’ una situazione molto complessa e delicata. L’isolamento ha aumentato il rischio di un peggioramento dei sintomi: il dato sui bambini e i preadolescenti è preoccupante ma abbiamo registrato anche un alto rischio di ricaduta, di una regressione o di peggioramento della gravità del disturbo alimentare in pazienti che avevano raggiunto una certa stabilità e sicurezza. In aumento anche i casi tra gli adulti, con un deciso aumento della popolazione maschile”.
L’azienda sanitaria ha messo in un campo una task force per formare soprattutto gli insegnanti a riconoscere i primi campanelli d’allarme. “Fondamentale intervenire in anticipo – conclude Genovese -. Serve gioco di squadra, lavorando sui punti di riferimento che sono più a contatto con i giovani. I genitori devono poi riuscire a cogliere i malesseri, ma anche gli insegnanti o i personal trainer possono avere un ruolo decisivo“.