Il delirio da Green Pass uccide anche la cultura, si dimette il direttore del Museo Cappella Sansevero: “Non c’è parità di trattamento tra i visitatori”

Si dimette Fabrizio Masucci. L'epidemiologa: "per una irrealistica rincorsa al rischio zero" si mette "a rischio il benessere di un paese che è strettamente legato alla sua dimensione culturale"
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Il controverso Green Pass, richiesto dal governo italiano per aver accesso a determinati strutture e servizi, non solo sta facendo molto discutere ma sta mietendo anche parecchie ‘vittime’, sia da un punto di vista economico che culturale. Si tratta di perdite letali per la nostra società, per il nostro sviluppo e per il nostro stesso futuro. L’ultima pessima notizia, in ordine di tempo, arriva da Napoli e in particolare dal Museo Cappella Sansevero il cui direttore, Fabrizio Masucci, si è dimesso dalla carica di presidente e dal ruolo di direttore del museo. Le motivazioni sono state spiegate in una lettera che riportiamo integralmente, per i suoi alti e fondamentali contenuti, per il suo riuscire a toccare i nervi scoperti di questa corsa al Green Pass e soprattutto per la sua lucidità e lungimiranza, esposte da chi da sempre ha fatto della cultura una bandiera, ma che ha anche sempre cercato di far avvicinare tutti alla fruibilità della stessa.

UN PASSO DI LATO
Le cronache degli ultimi giorni riportano che, a seguito dell’emanazione del Decreto Legge n. 105 del 23 luglio 2021, anche il tema dell’accesso ai musei – come era facilmente prevedibile – è divenuto terreno di scontro tra opposte fazioni.
Ritengo innanzitutto utile far presente quali siano, nel rispetto delle misure imposte dall’emergenza sanitaria, le regole attualmente previste in un museo. Nel nostro caso, è stata ridotta di circa due terzi la capienza massima giornaliera, prima dell’ingresso tutti i visitatori sono sottoposti al rilievo della temperatura corporea con termometro senza contatto, è obbligatorio indossare correttamente la mascherina per tutta la durata della visita ed è stata realizzata un’apposita segnaletica orizzontale e verticale volta a garantire il rispetto della distanza interpersonale. In biglietteria e negli spazi visitabili è a disposizione dei visitatori del gel igienizzante per le mani, il percorso di visita è unidirezionale e l’ingresso e l’uscita avvengono attraverso varchi distinti, le audioguide noleggiate vengono sanificate dopo ogni singolo utilizzo e possono essere ascoltate con auricolari propri o con auricolari monouso forniti gratuitamente. Infine, per evitare il rischio di eventuali assembramenti o lunghe code all’esterno, è stata disposta una pianificazione degli accessi finalizzata a garantire la sicurezza dei visitatori: i biglietti sono disponibili online e ogni giorno di apertura viene messa a disposizione solo una quantità residuale di biglietti last minute, acquistabili in biglietteria fino a esaurimento, per fasce orarie esplicitamente indicate. A queste principali misure se ne affiancano altre, che tralascio di aggiungere all’elenco.
L’Autorità ha determinato che l’adozione di tali misure di sicurezza nei musei è compatibile con l’apertura al pubblico. Devo ritenere che, oltre che per ragionamenti di buon senso inerenti alla semplicità ed efficienza con cui si possono regolare i flussi e far rispettare le norme di sicurezza in questi luoghi, tale decisione sia stata presa e venga mantenuta in vigore anche sulla base di rilevazioni statistiche e ricerche scientifiche, che giungono alla conclusione che di tutti i principali luoghi al chiuso aperti al pubblico – assodato che si osservino alcune basilari misure di sicurezza – i musei sono quelli in cui sussiste il minore rischio di contagio.
Alla luce di tali evidenze, constatate dal decisore politico che ha ritenuto e ritiene tuttora di poter tenere aperti i musei, l’obbligo di richiedere l’esibizione del green pass per l’accesso ai musei non è legato a valutazioni di carattere epidemiologico specificamente riferite ai contesti museali, ma è stato considerato esclusivamente uno strumento utile, fra tantissimi altri, allo scopo dichiarato – in sede di conferenza stampa di presentazione, lo scorso 22 luglio, del DL n. 105 – di ottenere più numerose adesioni alla campagna vaccinale. Senza assolutamente entrare nel merito dello scopo che ha inteso prefiggersi il Governo, e non avendo ovviamente pregiudizi di sorta nei confronti dei vaccini, obietto tuttavia che i musei non debbano e non possano essere strumentalizzati – nel senso letterale di “usati come strumento” – per ottenere qualsivoglia scopo estraneo alle loro naturali finalità, specie quando tale strumentalizzazione contribuisca inevitabilmente a compromettere, invece che favorire, la coesione sociale, in aperto contrasto con una delle più intrinseche missioni di un museo.
Durante la grave crisi che stiamo attraversando, abbiamo rispettato senza nulla eccepire lunghi periodi di chiusura, quando tale chiusura è stata disposta dall’Autorità sulla base di valutazioni epidemiologiche connesse anche agli ambienti museali. A fronte di ragioni analoghe avrei considerato di poter continuare a dirigere un museo che dovesse rinunciare alla parità di trattamento dei suoi visitatori. Tuttavia, se viene richiesto a un museo di rinunciare alla parità di trattamento per motivi che non possono che essere recepiti come strumentali, in quanto non connessi alla tipologia di spazio e attività, intendo pacatamente ricordare che i musei sono per loro vocazione luoghi di inclusione e che l’accesso paritario all’arte e alla cultura, diritto di tutti, dovrebbe essere sacrificato solo all’esito di ogni sforzo possibile volto a evitare una simile ferita. Mi auguro che le autorità competenti possano riconsiderare una decisione che coinvolge aspetti socioculturali di rilevante interesse collettivo, al fine di risparmiare almeno ai musei, riserva aurea di civiltà, lo scomodo ruolo di bersaglio delle intemperanze dell’arena mediatica. Ci sarebbero anzi le condizioni propizie per fare dei musei un sicuro “spazio neutro” in cui le persone, circondate dalla bellezza, possano ricominciare a conoscersi e riconoscersi, senza etichettarsi reciprocamente.
Per la radicata cultura della legalità che ha sempre contraddistinto la nostra istituzione, a partire dal 6 agosto anche il Museo Cappella Sansevero, come è ovvio che sia, si adeguerà al rispetto delle regole previste dal DL n. 105 del 23 luglio 2021. In considerazione di quanto fin qui esposto, non posso però sottrarmi al più forte richiamo della mia coscienza, che mi induce a lasciare – dopo oltre dieci anni e mezzo – la presidenza e la direzione del Museo Cappella Sansevero. Spero che questa decisione venga intesa, qual è, come un semplice gesto di coerenza del mio giudizio e del mio sentire.
Desidero ringraziare il Consiglio di Amministrazione, oltre che per il supporto offerto durante il mio mandato, anche specificamente per aver voluto pubblicare la presente lettera sui canali istituzionali del Museo Cappella Sansevero. Il mio più vivo ringraziamento va a tutto lo staff del museo e a tutte le istituzioni e le persone con cui ho avuto il piacere di collaborare in questi anni. Mi rasserena la certezza che il Museo Cappella Sansevero raggiungerà nuovi traguardi e continuerà a diffondere il valore della bellezza e della cultura.
Fabrizio Masucci”.

Sincerità (Francesco Queirolo, 1754-55) | © Museo Cappella Sansevero, fotografo Carlo Vannini – Scripta Maneant Edizioni – 2021

Una lettera forte e disillusa, quella di Masucci, ma anche concreta come pochi altri dibattiti, fino a questo momento. La cultura dovrebbe livellare gli strati sociali, e invece la disparità di trattamento tra fruitori di un museo, a cui costringe il Green Pass, andrebbe ad inasprire differenze delle quali una società già labile come la nostra non ha di certo bisogno. Comprensibile dunque il pensiero del Consiglio di Amministrazione del museo, il quale “auspica che i temi sollecitati possano offrire spunti per un più ampio e sereno dibattito“.

Dopo la pubblicazione della notizia sulla pagina Facebook del Museo della Cappello Sansevero, tra le centinaia di commenti balza all’occhio quello di Sara Gandini, ricercatrice e docente in Epidemiologia, che da mesi si batte affinché l’eccessivo allarmismo che ruota intorno al Covid non si trasformi in un decadimento culturale, con la chiusure delle scuole e la limitazione di accesso a strutture fondamentali come i musei. Scrive Gandini: “Tutta la mia solidarietà! Sono assolutamente d’accordo con Fabrizio Masucci e lo affermo da epidemiologa/biostatistica. Il timore è che per una irrealistica rincorsa al rischio zero si metta a rischio il benessere di un paese che è strettamente legato alla sua dimensione culturale“.

Sara Gandini, epidemiologa
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