Allarme osteoporosi: nel 2050 il numero degli uomini over 60 a rischio fratture del femore o dell’anca aumenterà di 10 volte

L’osteoporosi è una malattia sistemica dell'apparato scheletrico, caratterizzata da una bassa densità minerale e dal deterioramento della micro-architettura del tessuto osseo
MeteoWeb

Il calo dei contagi che emerge dai dati del Covid sta permettendo a diversi malati cronici di riprendere visite, controlli, monitoraggi. Se però il ritardo nell’attuazione di programmi e protocolli per la prevenzione si sta colmando in alcune patologie, ve ne sono altre che rischiano di finire in secondo piano, nonostante i numeri elevati e le conseguenze sociali ed economiche che possono provocare. È il caso di osteoporosi e osteoartrosi, aspetti molto rilevanti delle malattie metaboliche dell’osso, tanto che dal 1993 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato l’osteoporosi come malattia sociale. Ma il timore del contagio ha provocato un drastico calo dei controlli e un rallentamento della formazione e della promozione della salute, come emerge dai dati della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi.

LO SCENARIO PER UNA MALATTIA RITENUTA “FANALINO DI CODA” – L’osteoporosi è una malattia sistemica dell’apparato scheletrico, caratterizzata da una bassa densità minerale e dal deterioramento della micro-architettura del tessuto osseo, con conseguente aumento della fragilità ossea legato prevalentemente all’invecchiamento. Questa situazione porta, conseguentemente, ad un aumentato rischio di frattura (in particolare di vertebre, femore, polso, omero, caviglia) per traumi anche minimi. Nel corso della vita, circa il 40% della popolazione incorre in una frattura di femore, vertebra o polso, in maggioranza dopo i 65 anni. Queste fratture possono arrivare ad essere mortali, e, proprio per questo, è molto importante attuare un efficace ed appropriato programma di prevenzione. La compromissione e la rarefazione della struttura ossea è data dall’esame di due parametri: densità e qualità dell’osso, entrambi crescono di pari passo, nella cosiddetta Banca Minerale del singolo, che si costruisce da sé nei primi 30 anni di vita grazie a fattori ormonali e ambientali.

Il tema è stato messo in luce in recenti manifestazioni con la partecipazione di diversi specialisti. Il loro appello è volto alla necessità di formazione e di sensibilizzazione per raggiungere un precoce riconoscimento dell’osteoporosi e una significativa prevenzione delle fratture. Purtroppo nella valutazione clinica, quando si debbono prendere decisioni in merito a scelte terapeutiche, l’osteoporosi viene talora penalizzata e resta in coda rispetto alle altre malattie croniche di larga diffusione, quali diabete o dell’apparato cardiovascolare. Non viene considerato a sufficienza il rischio della frattura imminente e l’importanza della tecnologia nella prevenzione, le avanzate metodiche per la densitometria a ultrasuoni a due sonde (preferibile rispetto alla tradizionale ecografia), nonché il ruolo della telemedicina.

L’osteoporosi rappresenta una patologia di grande interesse e di notevole impatto da un punto di vista clinico e sociale – ha sottolineato il Prof. Stefano Lello, Consulente Scientifico dipartimento Salute Donna e Bambino Fondazione Policlinico Gemelli. – La prevenzione è l’arma vincente: deve essere attuata attraverso un approccio multidisciplinare che coinvolga diverse figure specialistiche, fra cui ortopedici, endocrinologi, ginecologi, geriatri, fisioterapisti riabilitativi, internisti. I Medici di famiglia poi, rivestono un ruolo strategico nel riconoscimento e nella diagnosi precoce della patologia.  Le fratture più comuni sono quelle femorali, e assieme, gli schiacciamenti vertebrali. La frattura del femore è gravata da un rischio di morte del 20% dopo il primo anno dall’evento occorso. Specialisti e società scientifiche sono dunque molto impegnati a individuare nuove strategie terapeutiche”.

I NUMERI DELL’OSTEOPOROSI IN ITALIA – Per comprendere la gravità dell’osteoporosi e il suo impatto sociale che ha ricadute oltre che medico, cliniche e economiche, anche sociali con il coinvolgimento delle famiglie nella cura del paziente compromesso sia da un punto di vista della mobilità che della cognitività, è sufficiente citare i numeri nel nostro Paese e che sono potenzialmente destinati e crescere, visto l’invecchiamento della popolazione e le generali tendenze demografiche. Gli specialisti hanno avanzato l’allarmante previsione che nel 2050 gli uomini over 60 con fratture del femore o dell’anca aumenterà di 10 volte. Attualmente, in Italia, come emerge dai dati del Ministero della Salute, circa 5 milioni di persone sono affette da osteoporosi (ma forse il dato è sottostimato), di cui l’80% sono donne in post menopausa. Ne sono colpite il 23% delle donne oltre i 40 anni e il 14% degli uomini con più di 60 anni. La malattia si manifesta in forma più grave negli uomini rispetto alle donne. In Europa rispetto a paesi “virtuosi” come la Lituania, vi sono altre nazioni con numeri spaventosi che segnano un aumento dei ricoveri come l’Irlanda. Esiste un universo femminile rispetto al genere maschile che impone un costante monitoraggio degli ormoni tiroidei, un’attenta terapia e un’analisi del metabolismo dell’osso durante la menopausa nonché dei tassi di calcio e Vitamina D anche nelle donne.

Le fratture da fragilità per osteoporosi hanno rilevanti conseguenze, sia in termini di mortalità che di disabilità motoria, con elevati costi sia sanitari che sociali. Si riduce l’aspettativa di vita, si compromette la qualità della stessa, la mortalità da frattura del femore è del 5% nel periodo immediatamente successivo all’evento e del 15-25% a un anno. Nel 20% dei casi si ha la perdita definitiva della capacità di camminare autonomamente e solo il 30-40% dei soggetti torna alle condizioni precedenti la frattura.

FATTORI DI RISCHIO E IMPORTANZA DELLA VITAMINA D – A determinare la patologia concorrono diversi fattori su cui si può intervenire nel tempo per rafforzare la cosiddetta “banca di riserva di minerali” contenuti nelle ossa che, come detto, si costruisce in ogni individuo nei primi 30 anni di vita grazie al concorso di fattori ambientali e ormonali.

I fattori di rischio per l’osteoporosi sono un’alimentazione povera di calcio, un basso peso corporeo, un problema ormonale in età giovanile: questi elementi possono alterare la massa ossea, cioè la crescita scheletrica e quindi porre un rischio di osteoporosi e di fratture nelle età successive – ha concluso il Prof. Lello. – Per combattere l’osteoporosi uno strumento in più si può rivelare la vitamina D, che permette di migliorare l’assorbimento del calcio a livello intestinale e di coadiuvare tutte le terapie specifiche. Le novità della letteratura scientifica, inoltre, rilevano che l’assunzione quotidiana di vitamina D può esercitare effetti non solo a livello scheletrico, ma anche extra, con funzioni immunologica, antiossidante, cardiovascolare. Il tema è strettamente correlato anche all’attualità della pandemia: recenti studi hanno rilevato che un basso livello di vitamina D è correlato a un alto rischio di Covid e di sintomatologia più importante in corso di infezione”.

Condividi