Nel Regno Unito, sono più di 30mila le donne che dopo la vaccinazione anti-Covid hanno presentato segnalazioni di cambiamenti nel ciclo mestruale al programma di sorveglianza dell’Agenzia del farmaco Mhra per le reazioni avverse ai farmaci (dato al 2 settembre 2021). I report riguardano tutti i vaccini attualmente offerti nel Paese. La docente di immunologia riproduttiva Victoria Male, del Dipartimento di Metabolismo, Digestione e Riproduzione dell’Imperial College London – Chelsea and Westminster Hospital Campus di Londra, lancia un messaggio in un editoriale pubblicato sulla rivista scientifica ‘Bmj’: “un collegamento è plausibile e dovrebbe essere studiato”.
Gli effetti collaterali comuni della vaccinazione elencati dall’Agenzia del farmaco, spiega, includono dolore al braccio in cui viene fatta l’iniezione, febbre, affaticamento e mialgia. Le modifiche alle mestruazioni (come per esempio interruzioni del ciclo) e le emorragie vaginali inattese non sono elencate, precisa la specialista. Ma i medici di base e gli esperti che lavorano nel campo della salute riproduttiva “sono sempre più avvicinati da persone che hanno sperimentato questi eventi poco dopo” l’iniezione. La maggior parte delle donne che segnalano una modifica del ciclo scopre in ogni caso che tutto torna alla normalità con il ciclo successivo “e, soprattutto – puntualizza l’esperta – non ci sono evidenze che la vaccinazione contro Covid-19 influisca negativamente sulla fertilità. Negli studi clinici“, infatti, “le gravidanze indesiderate si sono verificate con tassi simili nei gruppi vaccinati e non vaccinati”. E “nelle cliniche di riproduzione assistita, le misure di fertilità e i tassi di gravidanza sono simili” in donne vaccinate e non.
L’ente regolatorio britannico afferma che la valutazione delle segnalazioni non supporta un collegamento tra le modifiche ai cicli mestruali e i vaccini Covid, poiché il numero è basso rispetto sia alle persone vaccinate sia alla prevalenza dei disturbi mestruali in generale. “Tuttavia – osserva Male – il modo in cui vengono raccolti i dati” con questi report “rende difficile trarre conclusioni definitive. Sono necessari approcci meglio attrezzati per confrontare i tassi di variazione mestruale nelle popolazioni vaccinate rispetto a quelle non vaccinate e il National Institutes of Health degli Stati Uniti ha messo a disposizione 1,67 milioni di dollari (1,4 milioni di euro) per incoraggiare questa importante ricerca”.
Sono stati segnalati cambiamenti mestruali dopo vaccini sia a mRna sia a vettore adenovirale, “suggerendo che, se esiste una connessione, è probabile che sia il risultato della risposta immunitaria alla vaccinazione, piuttosto che di un componente specifico del vaccino“. Anche la vaccinazione contro il papillomavirus umano (Hpv) è stata associata ai cambiamenti mestruali. In effetti, afferma la scienziata, “il ciclo mestruale può essere influenzato dall’attivazione immunitaria in risposta a vari stimoli, inclusa l’infezione virale: in uno studio sulle donne con il ciclo, circa un quarto delle infette da SARS-CoV-2 ha avuto un’interruzione delle mestruazioni. I meccanismi biologicamente plausibili che collegano la stimolazione immunitaria a questi cambiamenti includono influenze immunologiche sugli ormoni che guidano il ciclo mestruale o effetti mediati dalle cellule immunitarie nel rivestimento dell’utero, che sono coinvolte nell’accumulo ciclico e nella rottura di questo tessuto”.
“Sebbene i cambiamenti segnalati al ciclo siano di breve durata – prosegue Male – una solida ricerca su questa possibile reazione avversa rimane fondamentale per il successo complessivo del programma di vaccinazione. L’esitazione vaccinale tra le giovani donne è in gran parte guidata da false affermazioni secondo cui i vaccini Covid potrebbero danneggiare le loro possibilità di gravidanza futura. Non riuscire a indagare a fondo sui report relativi ai cambiamenti mestruali post iniezione rischia di alimentare queste paure. Se viene confermato un legame tra vaccinazione e ciclo alterato, queste informazioni sono particolarmente importanti per chi si affida alla capacità di prevedere i propri cicli mestruali per ottenere o evitare una gravidanza“.
Nel frattempo, per l’esperta “si dovrebbe incoraggiare a segnalare” queste alterazioni ai sistemi di vigilanza perché questo “fornirà dati più completi per facilitare la ricerca e mostrerà ai pazienti che le loro preoccupazioni sono prese sul serio, creando fiducia“. Una lezione importante, conclude la specialista, è che gli effetti sulle mestruazioni degli interventi medici non dovrebbero essere un pensiero di secondo piano nella ricerca futura. “Gli studi clinici forniscono l’ambiente ideale in cui” affrontare la questione, ma “è improbabile che i partecipanti riportino cambiamenti nel ciclo se non specificamente richiesto. Queste informazioni dovrebbero essere attivamente sollecitate nei futuri studi clinici, compresi gli studi sui vaccini Covid”.