Le ondate di freddo hanno sempre caratterizzato la storia umana. Tra le piu’ note quella che colpi’ l’Europa nel 1709 e porto’ addirittura a ghiacciare i canali di Venezia su cui pare fosse possibile pattinare, ma eventi ugualmente estremi come quelli del 2021 in Texas, dove si ebbero 200 miliardi di danni e il collasso della rete elettrica, oppure quelle che hanno colpito l’Europa nel 2017 e 2012, sono diventati molto piu’ frequenti negli ultimi decenni. Ora un nuovo studio, pubblicato su Science dai ricercatori dell’Istituto di Tecnologia del Massachusetts (Mit), fornisce una connessione diretta tra la maggiore frequenza di questi eventi e il veloce riscaldamento dell’Artico.
Da tempo, si ipotizza che la responsabilita’ di queste ondate di freddo sia la cosiddetta rottura del vortice polare, una corrente d’aria d’alta quota che mantiene normalmente confinata l’aria fredda che si trova sulle regioni artiche. Una ‘rottura’ che permette alle masse di aria fredde di scendere verso sud e dare forma a eventi di freddo estremo, e che secondo le statistiche è diventata piu’ frequente. Grazie ad un nuovo modello climatico sviluppato dai ricercatori del Mit e realizzato usando i dati degli ultimi 40 anni, lo studio fornisce per la prima volta una connessione diretta tra gli eventi di rottura del vortice polare e il rapido riscaldamento in atto in tutta la regione artica.
Il team, guidato da Judah Cohen, ha elaborato previsioni, modelli e simulazioni per stabilire un legame tra il cambiamento climatico antropogenico e la rottura del vortice polare. I dati dimostrano che negli ultimi decenni il riscaldamento artico e’ particolarmente accelerato, il doppio rispetto a quello medio del pianeta, e gli eventi di rottura del vortice stanno seguendo la stessa maggiorata frequenza.
Questi risultati, sostengono gli studiosi, potrebbero essere utilizzati per prevedere tempestivamente la possibilita’ che si verifichino eventi estremi in Asia, Canada e Stati Uniti. “Nel prossimo futuro – scrive in una prospettiva correlata Dim Coumou, della Vrije Universiteit Amsterdam – dovremmo concentrarci sul comprendere le connessioni tra il riscaldamento dell’Artico e gli eventi estremi nelle regioni di media latitudine, prestando particolare attenzione ai fenomeni ad alto impatto“.