Il tema del Green Pass e dell’obbligo, spesso antiscientifico, di mostrarlo e di possederlo in svariate circostanze, sta entrando ora nel vivo. Infatti, la prova sul campo del lasciapassare verde sta generando numerose difficoltà, incongruenze e sta mostrando lacune non indifferenti. A tal proposito pubblichiamo una lettera firmata ricevuta dalla nostra redazione, la quale riporta una vicenda che definire vergognosa è come usare un eufemismo.
La signora che ci scrive ha il figlio secondogenito che frequenta la scuola primaria di primo grado a Fabriano.
“Sarei felice di poter condividere la mia storia attraverso voi – ci scrive – Martedì 28 settembre. Alle 10.40 mi chiama la scuola, durante la ricreazione mio figlio è caduto dentro una enorme pozzanghera, c’è da portargli quanto prima il cambio di scarpe, calze e pantaloni. Esco di corsa da lavoro, passo a casa, prendo il tutto, lo metto in una borsina e mi presento a scuola. All’ingresso, all’esterno della scuola, una bidella mi chiede se ho il green pass, rispondo di no (e anche se avessi voluto farlo con tampone, vista l’imprevedibilità della situazione non avrei avuto modo di farlo), sto per dirle “gli dia la busta, si può cambiare in bagno da solo” quando la bidella mi richiede la porta in faccia dicendo “un attimo devo sentire“.
Nel mentre un’altra bidella, che era fuori, fa per rientrare dalla porta davanti alla quale stavo aspettando, quindi le dico quanto detto prima alla sua collega, io non volevo nemmeno entrare a scuola, mio figlio poteva benissimo cambiarsi da solo, io avevo necessità urgente di rientrare a lavoro. Ma niente: anche questa mi risponde che deve sentire. Tempo un minuto arriva mio figlio (scalzo) scortato dalla vicepreside e da un’altra bidella, mi dicono che lo devo cambiare io e mi chiedono, di nuovo, se ho il Green pass. Io di nuovo rispondo di non averlo e che mio figlio è più che capace di cambiarsi in bagno da solo. Mi dicono che mio figlio lo devo cambiare io, e che non posso entrare. Mi portano una sedia, la mettono all’esterno della porta dove sono io, sul piazzale esterno della scuola, e mi dicono di cambiarlo lì… Per fortuna ancora il clima è mite e in quell’orario non passava nessuno studente che vedesse e che potesse mettere mio figlio in (ulteriore) imbarazzo.
E’ andato tutto a buon fine, ma mi chiedo se fosse stato inverno, o magari un orario in cui vi fosse stato passaggio di altri studenti? Umiliante a dir poco e forse anche forma di violenza su minore. Non è successo nulla in fondo, mio figlio non ha detto nulla (ma non faceva certo i salti di gioia) ed è rientrato a scuola e io a lavoro, ma ci penso e mi sto rovinando lo stomaco per come siamo stati trattati: nemmeno gli animali subiscono trattamenti del genere, indignata è dir poco! Il bambino poteva benissimo cambiarsi da solo in bagno, l’avevo fatto presente più volte. La scelta di cambiarlo fuori sul piazzale suona come voler dire “tu non hai il green pass, ora paghi penitenza“, e alla fine chi ne paga le spese sono sempre i nostri figli”.
Noi ringraziamo questa mamma che ha voluto condividere con la nostra redazione e con i nostri lettori questa esperienza ai limiti del democratico e del surreale, ma allo stesso tempo condanniamo chi, trincerandosi dietro a delle regole, dimenticano cosa sia il rispetto e la dignità umana.
O tempora, o mores potremmo dire. Ma a che servirebbe? Siamo alla frutta, con il Green pass che sostituisce il buon senso e anche l’umanità.