Una ricerca congiunta Milano-Bicocca e San Raffaele, ha registrato la “voce” del talamo visivo nell’essere umano, per la prima volta e in modo non invasivo, cioè mediante sensori appoggiati all’esterno del capo. Una ricerca che fa luce sul ruolo di questa struttura fondamentale per la nostra attività sensoriale, in quanto trasmette al cervello le immagini che provengono dalla retina, svelando anche come esso influisca sulla nostra capacità attentiva.
Lo studio “Scalp-recorded N40 visual evoked potential: Sensory and attentional properties“, che è stato condotto presso il laboratorio di Elettrofisiologia cognitiva da Alice Mado Proverbio, docente di psicobiologia del Dipartimento di Psicologia di Milano-Bicocca, insieme a Veronica Broido e Francesco De Benedetto, in collaborazione con Alberto Zani, docente di psicologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele, è stato appena pubblicato sull’European Journal of Neuroscience. In questo studio viene presentato un nuovo marker bioelettrico dell’attività neurale chiamato N40 perché negativo e perché raggiunge l’apice in 40 ms.
Per registrare la “voce” del talamo, i ricercatori hanno captato i potenziali evocati visivi (variazioni dei potenziali bioelettrici cerebrali in risposta a input visivi) ottenuti mediante 1800 ripetizioni di stimoli (barre luminose verticali bianche e nere) in 20 studenti universitari che indossavano una speciale cuffia dotata di 128 elettrodi.
Finora, questa risposta visiva sotto-corticale (N40) era stata individuata solo nella scimmia e con tecniche neurofisiologiche invasive (impiantando dei microelettrodi). Per quanto riguarda l’essere umano, le risposte elettriche misurabili con l’EEG – tecnica che capta i segnali elettrici con sensori applicati all’esterno del capo – si riteneva si limitassero a quelle generate dalla corteccia (la superficie esterna del cervello) dopo circa 80 ms. Questo anche a causa della particolare conformazione delle cellule presenti nel talamo (“spinose stellate”), che creano campi elettrici chiusi e quindi rendono difficile la registrazione delle sue attività, a differenza di quelle ordinate in modo lineare nella corteccia visiva.
I dati raccolti dai ricercatori hanno mostrato che i potenziali evocati visivi (VEP) possono rilevare segnali che provengono da strutture sotto-corticali come il talamo, prima che l’informazione visiva abbia effettivamente raggiunto la corteccia occipitale, cioè in 40 ms. rispetto agli 80 ms. già noti.
Questa ricerca ha consentito di appurare inoltre che il talamo non solo trasmette segnali sensoriali, ma influisce anche sugli stimoli bersaglio o da ignorare, cioè agisce come filtro attentivo, regolando di conseguenza il diverso livello di attenzione richiesta (ad esempio: guardare semplicemente oppure trovare un target).
Secondo la coordinatrice dello studio, la professoressa Proverbio, «in futuro sarà importante indagare se una risposta N40 visiva anomala potrà essere correlata a patologie neurali, come accade per le N40 uditive e somato/sensoriali, che sono utilizzate come criteri diagnostici per la schizofrenia e i disturbi del movimento».