È stato completato anche l’ultimo dei sei petali che compongono il quarto specchio dell’Extremely Large Telescope (ELT), quello preposto alla correzione della turbolenza atmosferica. Il nome di questo specchio adattivo, nel linguaggio di scienziati e ingegneri, è M4. “M” – spiega in un approfondimento Valentina Guglielmo su MEDIA Inaf – sta per mirror (specchio in inglese) e il numero 4 indica che questo è il quarto degli specchi che la luce che entra nel telescopio incontra nel suo percorso dallo spazio all’occhio degli astronomi. L’aggettivo “adattivo” invece rende conto del fatto che la forma di questo specchio può variare velocemente, proprio in virtù del compito che deve svolgere: rimuovere il più possibile l’effetto della turbolenza atmosferica dal fronte d’onda della luce in ingresso.
Con il suo diametro di 2.4 metri, è il più grande specchio adattivo prodotto fino ad ora e con il maggior numero di attuatori. Sulla superficie posteriore dello specchio sono infatti stati applicati più di 5000 magneti, che giocano un ruolo fondamentale nel deformare i segmenti flessibili di M4, riuscendo a fare aggiustamenti 1000 volte al secondo con una precisione di 50 nanometri.
La luce degli oggetti cosmici viene distorta dall’atmosfera del nostro pianeta, poiché è turbolenta e presenta variazioni anche su piccole scale, ritardando e deviando la luce in modo scostante. L’effetto netto di questa turbolenta si percepisce, nelle immagini astronomiche, poiché appaiono sfocate. Per correggere queste distorsioni, ELT sarà equipaggiato con hardware e software avanzati di ottica adattiva, alcuni dei quali sono stati sviluppati appositamente per il telescopio. Fra questi, ad esempio, sei laser che creano stelle di guida artificiali eccitando atomi di sodio situati a circa 90 chilometri di altitudine nell’atmosfera quando, vicino all’oggetto che si sta osservando, non ci sono stelle abbastanza luminose per consentire le misurazioni delle distorsioni atmosferiche. Un altro componente essenziale del sistema di ottica adattiva di ELT sono le cosiddette telecamere di rilevamento del fronte d’onda, che agiscono come gli “occhi” del telescopio rilevando la luce dalle stelle. Un computer poi le riceverà in tempo reale e calcolerà le variazioni di forma necessarie da applicare a M4: il prototipo sviluppato all’ESO può ricevere i dati dai sensori delle telecamere e trasmetterli agli attuatori che deformano lo specchio in poche centinaia di microsecondi.
Grazie al suo sistema di ottica adattiva, gli scienziati prevedono che ELT riuscirà a scattare immagini più nitide di quelle del telescopio spaziale Hubble o dell’imminente James Webb.