Prevenire l’HIV da alcuni anni è possibile. Non esistono ancora vaccini per questo virus, ma la profilassi pre-esposizione (PrEP) permette di evitare l’infezione a quelle popolazioni chiave che in base ai dati epidemiologici sono maggiormente esposte al virus: Maschi che fanno Sesso con Maschi (MSM), donne ad alto rischio, transgender, sex worker. Si può assumere in due diversi modi: secondo una modalità continuativa, con una pillola al giorno, oppure, solo per gli uomini e solo in Europa, può essere assunta on demand, al bisogno, quindi soltanto in associazione a un possibile episodio a rischio di acquisizione di HIV per via sessuale.
Importanza e nuovi studi sulla PrEP sono stati al centro della 13a edizione del Congresso ICAR – Italian Conference on AIDS and Antiviral Research, organizzato a Riccione sotto l’egida della SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, di tutte le maggiori società scientifiche di area infettivologica e virologica e del mondo della community. Nei tre giorni di Congresso presenti oltre mille partecipanti e 200 ricercatori e scienziati da tutto il mondo. I presidenti erano la Prof.ssa Cristina Mussini, la Prof.ssa Annamaria Cattelan, la Prof.ssa Maria Rosaria Capobianchi e Giulia Valeria Calvino.
I RISULTATI DEI RECENTI STUDI – “L’importanza della prevenzione mediante PrEP ha una funzione essenziale – sottolinea Silvia Nozza, infettivologa presso l’Ospedale San Raffaele di Milano – Nonostante i grandi progressi nelle terapie per l’HIV con farmaci antiretrovirali e anticorpi monoclonali, evitare una moltiplicazione dei contagi nelle popolazioni più a rischio può costituire un argine significativo al diffondersi dell’epidemia. La profilassi farmacologica ha dimostrato una riduzione elevata del rischio, attestato dal CDC di Atlanta al 99% per la trasmissione sessuale e all’80% per la trasmissione endovenosa tra gli utilizzatori di sostanze stupefacenti. Un suo impiego massiccio farebbe scendere drasticamente i contagi da HIV, come dimostrato dai casi di San Francisco, Londra o Sydney. Inoltre, solo il 67% della popolazione affetta da HIV ha accesso ai farmaci, mentre il 33% non si riesce a curare”.
“Le nuove frontiere offrono ulteriori potenzialità: recenti studi del 2021 propongono nuove formulazioni oltre quella orale attualmente in commercio, come gli studi HPTN 083 e HPTN 084 sul farmaco long-acting cabotegravir somministrato per via intramuscolare – spiega Elena Bruzzesi, medico in formazione specialistica all’Università Vita e Salute San Raffaele – Siamo già in fase 3 e ha dimostrato solide basi, non solo per la popolazione MSM e transgender, ma anche per le donne, tanto da essere il primo studio che ha mostrato un’efficacia dell’89% anche sulla popolazione femminile”.
LIMITI NELLA DIFFUSIONE DELLA PREP – Nonostante le potenzialità, la PrEP presenta ancora alcuni limiti in una diffusa implementazione sul territorio italiano. “Il problema principale nell’efficacia della PrEP è legato all’aderenza alla terapia – evidenziano Nozza e Bruzzesi – Si possono stimare attorno al 25% coloro che dopo aver intrapreso il percorso lo hanno abbandonato: alcuni casi sono dovuti alla fine del rischio di esposizione (ad es. diventano monogami); in molti casi emerge anche un problema economico, visto che in Italia è a carico dei soggetti stessi senza alcun supporto statale, a differenza della maggior parte dei Paesi d’Europa dove c’è una piena rimborsabilità o un prezzo politico che la rende accessibile anche alle fasce più vulnerabili. Considerando che l’infezione da HIV in Italia ha maggiore incidenza tra i 25 e i 29 anni o anche nelle fasce più giovanili, si può comprendere la maggiore difficoltà ad accedere a un farmaco che ha un costo di circa 60€ al mese”.
L’AUMENTO DELLE INFEZIONI SESSUALMENTE TRASMESSE – La PrEP pone al riparo dai contagi da HIV, ma non da altre Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST). Se si eliminano altre protezioni, il rischio di contrarre altre infezioni aumenta. Si stima infatti un incremento del 25% circa di IST nei soggetti che fanno uso di PrEP, sebbene questo dato sia alimentato anche da un elemento fittizio, visto che coloro che accedono alla profilassi fanno test regolarmente ogni 3-4 mesi a cui la popolazione generale non si sottopone. Proprio il tema delle IST rappresenta un altro ambito molto delicato. L’OMS stima in un milione il numero di persone che ogni giorno acquisisce un’infezione di questo tipo.
“Spesso queste infezioni sono asintomatiche o paucisintomatiche, il che ne facilita la trasmissione inconsapevole, perpetuando la catena epidemica e facilitandone la diffusione – sottolinea Barbara Suligoi, Direttore Centro Operativo AIDS Dipartimento Malattie Infettive, ISS – Secondo i dati della Rete di Sorveglianza Sentinella delle IST, coordinata dal Centro Operativo AIDS dell’ISS, in Italia il numero di casi acuti di IST è quasi duplicato negli ultimi 15 anni. È in corso anche una campagna dell’Istituto Superiore di Sanità per la sperimentazione di nuovi modelli organizzativi integrati ospedale-territorio per la prevenzione e il controllo delle IST. Le patologie più segnalate sono i condilomi ano-genitali, la sifilide, l’herpes genitale e le infezioni da clamidia. La fascia di età più colpita è quella tra 25 e 44 anni. Secondo questi dati, nel 2019 solo la metà delle persone a cui è stata diagnosticata una IST acuta è stato testato per HIV, e quasi l’11% di queste è risultato positivo (una prevalenza 40 volte più alta di quella osservata nella popolazione generale). Le percentuali più elevate sono state osservate in persone >45 anni (18%), in MSM (30%), in persone con sifilide primaria o secondaria (33%), gonorrea (16%) e uretrite da mycoplasma genitalium (14%)”.
I DATI DEL CHECK-POINT DI MILANO – Da luglio 2017 al Milano Check Point è attivo un programma PrEP. Al Congresso ICAR, è stato presentato un’analisi che va dall’apertura a luglio 2021 per indagare l’associazione tra l’inizio della PrEP e il cambiamento nei comportamenti sessuali su 534 partecipanti, prevalentemente collocati nella regione Lombardia, di cui il 96% MSM. Tra questi, il 5.6% aveva dai 18 ai 24 anni, il 53.8% dai 25 ai 39, il 40.6% più di 40 anni. Del campione totale, inoltre, il 74,7% era single, il 67% laureato, il 5,2% era sex worker e il 16,7% praticava il chemsex. Del campione in questione, 415 (78%) partecipanti erano ancora in follow-up a luglio 2021, mentre 68 (13%) hanno deciso di lasciare il programma e 51 (9%) sono stati persi al follow-up. Durante l’assunzione di PrEP, il numero di rapporti non protetti è quasi raddoppiato, per poi assestarsi nel medio-lungo termine ad un livello intermedio. Non risulta variato in modo significativo il numero di partner occasionali nel tempo.
I CASI DI SIFILIDE, CLAMIDIA E GONORREA – Per quanto riguarda le infezioni osservate, sono state riscontrate, tramite test rapidi, 46 infezioni di sifilide (2,5%) e 26 (9,2%) tramite test di laboratorio esterni. Erano 137, tutte asintomatiche, invece, quelle da clamidia, di cui 26 a livello genitale (1,5%) e 111 (6,4%) a livello anale; 126, tutte asintomatiche, quelle da gonorrea, 26 genitali (1,5%), 84 anali (4,8%) e 16 orali (3,7%). Inoltre, la maggior parte dei partecipanti che ha riferito di aver interrotto la PrEP, allo stesso tempo ha riportato una diminuzione del rischio percepito, spesso perché in coppia. “Il mantenimento in follow-up è essenziale per valutare l’andamento della PrEP e anche per identificare e trattare eventuali infezioni sessualmente trasmissibili acquisite durante la PrEP, contribuendo così anche a controllare la circolazione delle infezioni sessualmente trasmissibili – ha dichiarato Pietro Vinti, già membro di Milano Check Point durante la presentazione di questi dati al Congresso di ICAR – È necessario un tempo di osservazione più lungo per valutare più accuratamente se i cambiamenti del comportamento sessuale osservati sono collegati al COVID-19 e ai lockdown”.