Inquinamento: polveri sottili e biossido di azoto, le “camere a gas” a Roma e provincia

Tra le province del Lazio la preoccupazione maggiore cade sul frusinate e sulla valle del Sacco dove da inizio 2021 ha visto Frosinone sforare per 37 giornate i valori di soglia, 43 Ceccano 35 Cassino
MeteoWeb

La mappa dell’inquinamento dell’aria nel Lazio va da Roma Sud alla provincia di Frosinone. Pm10 e No2, ovvero polveri sottili e biossido di azoto, rappresentano le principali fonti di inquinamento in larghe aree del Lazio, ma in particolare nella zona a sud est di Roma e nel frusinate dove, la “macchia” di inquinamento atmosferico, si estende dalla Valle del Sacco, che comprende l’area industriale di Anagni e la parte bassa di Frosinone, fino al Cassinate. “Frosinone è stata per anni la città in vetta alle classifiche per inquinamento da Pm10 in Italia. Da alcuni anni non lo è più essendo stata superata da altre città del nord, ma non perchè sia migliorata la situazione in ciociaria, ma perchè sono peggiorate le condizioni nelle altre città“.

E’ quanto dichiarato ad “Agenzia Nova” da Roberto Scacchi, il presidente di Legambiente Lazio che descrive una geografia ambientale della regione sostanzialmente peggiorata dopo il lockdown da Covid; e il virus di per sè, ovviamente, non c’entra nulla. C’entra invece “la mancanza di fiducia della gente nei mezzi pubblici. Durante il blocco totale della primavera del 2020, i valori erano migliorati, ma con la riapertura, il traffico veicolare è aumentato di molto rispetto alla fase prepandemica perchè la gente preferisce non salire su pullman o treni troppo affollati. Preoccupa a Roma la qualità dell’area che si respira nella zona di Tiburtina dove c’è una delle 13 centraline dell’Arpa posizionate nella capitale che registrano i valori delle polveri sottili. Dall’inizio del 2021 – dice Scacchi- quella centralina ha registrato sforamenti dei valori (superamento dei 50 microgrammi a metro cubo) per ben 25 volte ed è facile pensare che, nonostante manchino tre mesi alla fine dell’anno, il valore si possa raddoppiare raggiungendo quello del 2020 quando gli sforamenti sono stati di 46 giorni”.

Il periodo peggiore, infatti, è quello freddo perché spiega l’ambientalista, i valori del pm10 crescono per tre fattori: “il traffico, le industrie e gli impianti delle case riscaldate con combustibile. Tra le province del Lazio la preoccupazione maggiore cade sul frusinate e sulla valle del Sacco dove da inizio 2021 ha visto Frosinone sforare per 37 giornate i valori di soglia, 43 Ceccano 35 Cassino. Gli sforamenti spesso non sono di poco conto ma addirittura del doppio. Nel 2020 ci sono stati 87 sforamenti a Ceccano, 77 a Frosinone, 62 a Cassino e 43 a Ferentino“. Dati che si spiegano anche in questo caso con traffico, industrie e riscaldamento, ma anche con una “conformazione del territorio che non si presta ad essere spazzato dal vento”.

Scacchi non dimentica la presenza sul territorio laziale della principale fonte di Co2 in Italia, “la centrale termoelettrica a carbone di Torrevaldaliga a Civitavecchia dalla cui ciminiera si sprigionano milioni di tonnellate di anidrite carbonica nell’atmosfera. Nel 2018, ultimo dato disponibile, vennero sprigionati 8,1 milioni di tonnellate. E’ la principale fonte di inquinamento in Italia, la 14esima in Europa” che da pero’ un contributo all’inquinamento globale ma non locale dato che le ricadute al suolo nella zona sembrano essere minime. Ma l’aria nel Lazio non e’ ammalata solamente di polveri sottili. Preoccupa anche la fotografia scattata dal satellite Copernicus per Esa, l’Agenzia spaziale europea. Il satellite, infatti, scatta immagini in cui si evidenziano le concentrazioni di biossido di azoto che “e’ un gas dal colore rossastro, e che irrita l’apparato respiratorio e che, a differenza delle polveri sottili, la situazione peggiora d’estate per via del caldo“. E’ prodotto dalle combustioni dei motori diesel e tra le sue caratteristiche fisiche ha quella di essere piu’ pesante dell’aria; per questo, si posiziona nella troposfera, il livello piu’ basso dell’atmosfera dove respirano gli esseri umani.

Nella foto scattate dal satellite le macchie rosse “si concentrano, anche in questo caso, nella zona sud ed est di Roma lungo l’Appia, la Tuscolana e la Tibutina. Zone in cui il valore di No2 supera le 90 micro molecole per metro quadro ma su Roma, le macchie rosse che indicano l’accumulo del gas ci sono in diverse zone, cosi’ come nelle stesse aree del frusinate gia’ note per le polveri sottili“. Insomma Pm10 e No2, fanno di alcune aree della Capitale “vere e proprie camere a gas“. Cosa fare per invertire la tendenza e’ noto a tutti. Ai livelli piu’ bassi si dovrebbe “investire sui mezzi pubblici perche’ vengano scelti rispetto all’uso di quelli privati e disincentivare il mercato delle auto diesel” dice il presidente di Legambiente Lazio. A livelli piu’ alti “abbandonare definitivamente il carbone puntando sulle due gambe ecologiche: il fotovoltaico e l’eolico. Questo -conclude Scacchi- per mettere insieme piu’ pezzi possibili di quel puzzle gigante che si chiama transizione ecologica”. 

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