Parti importanti della Terrasanta latina e cristiana ‘sepolte’ sotto una delle tante strade che si snodano in uno dei quartieri di Akko, in Israele, vicino al porto e a pochi passi dal mare. Akko altro non è che l’antica San Giovanni d’Acri, che fu l’ultima città crociata a gettare la spugna e arrendersi all’Islam, un secolo dopo la caduta di Gerusalemme. Come raccontano e sottolineano gli storici arabi di quei tempi, si arrese proprio nello stesso giorno in cui era andata perduta nelle mani degli infedeli, ovvero venerdì 17 del mese di giumada secondo.
Per mesi una equipe di archeologi ed esperti del National Geografic si è recata quei luoghi, dove una volta sorgevano i quartieri dei pisani e dei genovesi, e anche i fortilizi dei monaci guerrieri, i Templari, disposti a sacrificare la propria vita pur di difendere quei luoghi sacri. Con i raggi infrarossi i ricercatori americani sono riusciti ad individuare un groviglio di passaggi e cunicoli scavati nella pietra. Partono dal molo e arrivano alla base, ormai sepolta, di un gran torrione, ovvero il luogo dell’ultimo grande assedio all’estrema fortezza cristiana d’Oltremare, che si concluse tragicamente. I monaci guerrieri del santo Tempio di Re Salomone, i Templari, versarono qui il loro sangue per difendere la Terra Santa, in nome del loro motto “Non nobis Domine“. Tra quei cunicoli, durante i mesi dell’assedio, si mossero per fornire alla parte della città che resisteva all’assedio i viveri e gli uomini di rinforzo.
Quando si comprese che la speranza era andata perduta si decise lo sgombero della popolazione civile. Quelle gallerie, spesso dei veri e propri budelli strettissimi, si riempirono di donne, bambini, anziani, ricchi mercanti e avventurieri che volevano imbarcarsi sulle navi e salpare lontano.
Navi italiane, perlopiù, ma anche navi Templari perché l’Ordine aveva la sua flotta personale. Pare, secondo i racconti, che ci fu un capitano templare, tale Giovanni da Fiore, che faceva imbarcare solo chi aveva i soldi per pagare, e per questo venne rinnegato. Le navi partirono, ma non tutti riuscirono a salire. Restarono sulle banchine di San Giovanni d’Acri cittadini con il futuro già scritto, che tornarono attraverso quelle gallerie alla fortezza che, si sapeva, prima o poi avrebbe ceduto. Secondo le ricostruzioni fatte in queste settimane dagli studiosi, il bastione identificato con gli infrarossi sarebbe la Torre del Tesoro, quello dei Templari.
Tesi che però è confutata dal fatto storico che il loro tesoro i Templari, nel 1291, lo avevano già da tempo trasferito a Parigi, in un’altra torre detta del Tempio, ed è lì infatti che Filippo il Bello avrebbe allungato le mani dopo aver fatto arrestare il Gran Maestro e i suoi confratelli. E’ possibile, invece, che il torrione di Acri sia un’altra fortificazione, ovvero quella che i cronisti dell’epoca chiamavano la Torre Maledetta.
Secondo alcune ricostruzioni, fu proprio nella Torre Maledetta che l’ultimo gruppo di Templari, con quanti non erano riusciti a imbarcarsi, si asserragliarono e resistettero a lungo. Il Sultano, al-Ashraf, forse ricordando che il Saladino stesso aveva promesso e accordato clemenza alla popolazione di Gerusalemme, mandò i suoi ambasciatori a trattare. Ma questi, lungi dal voler mediare con i Templari, preseto a molestare donne e ragazzi. I monaci soldati, dunque, li rispedirono al mittente buttandoli giù dal torrione con la gola tagliata.
Ci fu allora una seconda offerta di pietà da parte del Sultano, che questa volta venne accolta, ma a salvarsi alla fine furono solo le donne e i bambini, per il semplice motivo che erano adatti ad essere destinati al mercato degli schiavi. Gli uomini vennero uccisi, ma non finì lì. Quando i vincitori salirono sulla torre, con la speranza di trovare un tesoro che era già stato nascosto a Parigi, questa d’improvviso tremò e crollò su sé stessa seppellendo un migliaio di nemici.