Nuovo studio dimostra che il “long Covid” non esiste: “affaticamento, respiro corto e stanchezza nei guariti sono solo suggestioni”

I sintomi fisici persistenti dopo l'infezione da COVID-19 sono soltanto una suggestione e non hanno alcun legame con il virus
MeteoWeb

La convinzione di aver avuto un’infezione da COVID-19 o la conferma di aver effettivamente contratto il virus, come verificato dai test sierologici SARS-CoV-2, è associata a sintomi fisici persistenti nel corso della pandemia di COVID-19? E’ quanto si sono chiesti i ricercatori del gruppo di studio SAPRIS-SERO, i risultati del cui studio sono stati pubblicati su JAMA Network.

Come spiegano gli esperti, in questa analisi trasversale che ha preso in esame 26.823 adulti della coorte francese CONSTANCES basata sulla popolazione durante la pandemia di COVID-19, l’infezione auto-riferita era associata alla maggior parte dei sintomi fisici persistenti, mentre l’infezione da COVID-19 confermata in laboratorio era associata solo all’anosmia, ovvero la completa perdita dell’olfatto. Queste associazioni erano indipendenti dalla salute auto-valutata o dai sintomi depressivi.

I risultati raggiunti dallo studio suggeriscono che i sintomi fisici persistenti dopo l’infezione da COVID-19 non dovrebbero essere automaticamente attribuiti a SARS-CoV-2; potrebbe essere necessaria una valutazione medica completa, dunque, per evitare di attribuire erroneamente i sintomi al virus. Dopo un’infezione da SARS-CoV-2, molti pazienti presentano sintomi fisici persistenti che possono compromettere la qualità della loro vita. Le convinzioni sulle cause di questi sintomi possono influenzare la loro percezione e promuovere comportamenti disadattivi per la salute.

L’obiettivo dello studio era quello di esaminare le associazioni dell’infezione da COVID-19 auto-riferita e dei risultati dei test sierologici SARS-CoV-2 con sintomi fisici persistenti (ad es. affaticamento, mancanza di respiro o attenzione ridotta) nella popolazione generale durante la pandemia di COVID-19. Tra maggio e novembre 2020, è stato utilizzato un test di immunoassorbimento enzimatico per rilevare gli anticorpi anti-SARS-CoV-2 negli individui presi in esame. Tra dicembre 2020 e gennaio 2021, i partecipanti hanno riferito se ritenevano di aver avuto un’infezione da COVID-19 e di aver avuto sintomi fisici durante le 4 settimane precedenti, che erano poi persistiti per almeno 8 settimane. Sono stati esclusi i partecipanti che hanno riferito di avere un’infezione iniziale da COVID-19 solo dopo aver completato il test sierologico.

Le regressioni logistiche per ciascun sintomo persistente, come risultato, sono state calcolate in modelli che includevano sia l’infezione COVID-19 auto-riferita che i risultati dei test sierologici, aggiustati per età, sesso, reddito e livello di istruzione. Dei 35.852 volontari invitati a partecipare allo studio, 26.823 (74,8%) con dati completi sono stati inclusi nello studio. Alla fine, il risultato del test sierologico positivo per SARS-COV-2 è stato associato positivamente solo ad anosmia persistente, anche limitando le analisi ai partecipanti che hanno attribuito i loro sintomi all’infezione da COVID-19.

Le conclusioni di questa analisi trasversale suggeriscono che i sintomi fisici persistenti dopo l’infezione da COVID-19 possono essere associati più alla convinzione di essere stati infettati da SARS-CoV-2 che all’avere contratto l’infezione, subito confermata in laboratorio. Ulteriori ricerche in questo settore dovrebbero considerare i meccanismi sottostanti che potrebbero non essere specifici del virus SARS-CoV-2. Potrebbe dunque essere necessaria una valutazione medica di questi pazienti, per prevenire i sintomi dovuti a un’altra malattia erroneamente attribuita a “long Covid“.

Condividi