La delegata territoriale della Cultura e del Patrimonio Storico della Giunta di Cadice, in Spagna, Mercedes Colombo, ha presentato, presso il Centro di Archeologia Subacquea dell’Istituto Andaluso del Patrimonio Storico, i resti di antichi edifici situati nell’area tra Camposoto e Sancti Petri, che potrebbero corrispondere al tempio fenicio-punico di Melqart ed Ercole Gaditanus in epoca romana.
Alla cerimonia di presentazione hanno partecipato, insieme al delegato, il direttore del Dipartimento di Preistoria e Archeologia dell’Università di Siviglia, Francisco José García, il direttore del Gruppo di ricerca HUM 152, Mercedes Oria e il direttore dell’IAPH, Juan José Primo.
Come riportato dal Consiglio in una nota, il lavoro di documentazione svolto negli ultimi mesi attraverso un Sistema Informativo Territoriale e l’applicazione di metodi di telerilevamento (LIDAR) svolto da Ricardo Belizón Aragón e Antonio Sáez Romero, del Dipartimento di Preistoria e Archeologia dell’Università di Siviglia, hanno reso possibile l’ubicazione di queste strutture di grande interesse archeologico e patrimoniale in un’area compresa tra Camposoto, nel comune di San Fernando, e Sancti Petri, tra i termini di San Fernando e Chiclana.
Dopo la prima analisi delle informazioni ottenute, unitamente ai dati documentali e archeologici esistenti sull’area, il personale della Delegazione Territoriale, dell’Università di Siviglia e del Centro di Archeologia Subacquea ha effettuato diverse visite in queste aree. I dati raccolti hanno rivelato l’esistenza, in antichità, di un ambiente totalmente diverso da quello sinora ipotizzato: un nuovo paesaggio costiero e un litorale fortemente antropizzato fin dall’antichità, con la presenza di possibili dighe foranee, grandi edifici e anche un possibile bacino portuale chiuso.
I risultati di queste azioni, che possono avere una correlazione con le informazioni che autori antichi come Strabone, Silio Italico o Filostrato forniscono sul Santuario di Melqart ed Ercole, le cosiddette ‘Colonne d’Ercole’, “devono essere approfonditi per ricostruire la storia del territorio e determinare la cronologia, tipologia e usi di ciascuna delle strutture rilevate”. La ricerca futura si concentrerà quindi sulla conduzione di indagini archeologiche (terrestri e subacquee), studi documentali e geoarcheologici specifici e campionamenti paleoambientali.
Tutto questo finalizzato, come precisato dagli USA, in modo interdisciplinare, a promuovere la conoscenza del passato, la tutela e la valorizzazione di alcuni eccezionali resti archeologici che permettano alla società andalusa di conoscere e godere di un aspetto singolarmente notevole della sua storia, e che può avere un impatto positivo sullo sviluppo economico e sociale dell’Andalusia.
Questo ritrovamento è il risultato della collaborazione tra i ricercatori dell’Università di Siviglia e il Ministero della Cultura e dei Beni Storici, che si è concentrata sulla ricerca documentaria e archeologica dei resti materiali di epoca punica e romana, nella maggior parte dei casi di origine sottomarina, rinvenuti fino ad oggi in aree che occupano uno spazio che va da Sancti Petri a La Caleta, a Cadice.
Queste azioni sono state sviluppate nell’ambito del “Progetto Ergasteria“, diretto dai professori Eduardo Ferrer Albelda e Antonio Sáez Romero dell’Università di Siviglia, e nell’ambito del gruppo di ricerca “Dalla Turdetania alla Bética” con il supporto della Facoltà di Geografia e Storia della stessa Università.