Un campo magnetico planetario è un importante parametro fisico che definisce l’evoluzione e l’abitabilità di un ambiente planetario: ad esempio, la magnetosfera terrestre protegge la nostra atmosfera dall’erosione del vento solare generato dalla nostra stella e protegge la vita sulla sua superficie.
Non tutti i corpi planetari del Sistema Solare hanno magnetosfere intrinseche, e la presenza di magnetosfere sugli esopianeti, sebbene esaminata con osservazioni di emissioni radio, è finora sfuggita alla rilevazione.
Utilizzando le osservazioni del telescopio spaziale Hubble dell’ESA/NASA, un nuovo studio, pubblicato su Nature Astronomy, riporta la prima rilevazione inequivocabile di una magnetosfera sull’esopianeta HAT-P-11b, un pianeta nettuniano.
Il rilevamento e la caratterizzazione del campo magnetico planetario sono stati ottenuti grazie alla misurazione degli atomi di carbonio ionizzato formati nell’atmosfera del pianeta: quando questi ioni fuoriescono dall’atmosfera, vengono catturati dal campo magnetico e la loro rilevazione a grandi distanze dal pianeta ricalca le proprietà del campo magnetico.
Il team di ricerca internazionale ha simulato in dettaglio la formazione fisica e chimica e l’evoluzione di questi ioni dall’atmosfera profonda all’ambiente tra l’esopianeta e la sua stella utilizzando una combinazione di modelli avanzati sviluppati in Francia (IAP, CEA, GSMA) e a livello internazionale. Le osservazioni sono state ottenute grazie al programma di ricerca HST/PanCET dedicato alla caratterizzazione delle atmosfere degli esopianeti.
L’analisi delle misurazioni dell’HST suggerisce anche che l’esopianeta ha una metallicità (una misura del numero di atomi più pesanti dell’idrogeno presenti nel pianeta) molto inferiore rispetto a quanto previsto dai modelli teorici, in accordo con altri studi indipendenti: questo risultato è significativo, in quanto conferma che HAT-P-11b probabilmente ha davvero una metallicità inferiore al previsto. Ciò significa che i modelli di formazione degli esopianeti potrebbero essere imprecisi, suggerendo la necessità di effettuare ulteriori studi per perfezionare le teorie attuali sulla formazione e l’evoluzione di alcuni pianeti extrasolari.
Misurando la metallicità atmosferica e rilevando contemporaneamente il campo magnetico planetario, questo studio fornisce anche – per la prima volta – un ponte tra due materie della scienza planetaria generalmente non collegate: la fisica dell’interno dei pianeti e la meteorologia spaziale.