Nei dati pubblicati ieri nel bollettino ufficiale dell’Istituto Superiore di Sanità si conferma l’anomalia degli effetti della terza dose nei giovani. Negli under 40, infatti, il rischio di ricovero (sia nei reparti ordinari che in terapia intensiva) è più alto tra coloro che hanno ricevuto il cosiddetto “booster” rispetto a chi, invece, non l’ha fatto e si è fermato a due dosi.
I dati, come vediamo, sono comunque molto contenuti e dimostrano che i giovani sono i meno colpiti dalle complicazioni del virus. Gli under 40 non vaccinati, infatti, una volta contagiati finiscono in ospedale soltanto in 91 casi ogni 100 mila, e in terapia intensiva soltanto in 2 casi su 100 mila (venti volte in meno persino rispetto agli adulti vaccinati con tre dosi). La morte, poi, è rarissima (1 caso ogni 100 mila). Questi dati, ovviamente, diminuiscono ulteriormente tra i giovani vaccinati che, nei primi 4 mesi di copertura dopo la seconda dose, vanno in ospedale appena in 23 casi su 100 mila, in terapia intensiva appena 0,5 casi su 100 mila e arrivano al decesso appena 0,3 casi ogni 100 mila. La terza dose, però, anziché ridurre questi numeri, li incrementa. Gli under 40 che hanno ricevuto la terza dose, infatti, finiscono in ospedale in 24 casi su 100 mila, in terapia intensiva 0,6 volte su 100 mila, mentre la morte subentra sempre 0,3 volte ogni 100 mila. Esattamente come se non avessero fatto il booster.