Covid, studio inglese: “1 positivo su 3 messo in quarantena non è stato mai contagioso”

Molte persone condannate alla quarantena dopo il tampone non ne avevano bisogno in quanto la soglia per la positività è stata impostata molto bassa, secondo uno studio dell'Università di Oxford
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Negli ultimi due anni, i tamponi sono diventati uno strumento in grado di decidere momentaneamente il prosieguo delle nostre vite, condannando alla quarantena in caso di positività al Covid. Ma un nuovo studio dell’Università di Oxford svela che quello dei test PCR (tamponi molecolari) è stato un sistema caotico, che ha costretto alla quarantena molte persone che non ne avevano bisogno.

Secondo i risultati dello studio, fino a un terzo delle persone risultate positive ai test PCR non erano contagiose e non avevano bisogno di stare in quarantena. La ricerca ha scoperto che molti laboratori stanno impostando la ricerca della positività ad un livello molto basso, e ciò significa che stanno rintracciando persone che “non rappresentano un pericolo per nessuno”. I test PCR funzionano eseguendo ciclicamente i campioni di tampone attraverso diverse temperature per innescare il meccanismo di replicazione, che rilascia una sostanza chimica in grado di mostrare la presenza del virus. Meno cicli sono necessari per rilevare la sostanza chimica, maggiore è la carica virale e più è probabile che qualcuno venga infettato. Secondo lo studio, tra il 23% e il 37% delle persone a cui è stato detto di essere positivo aveva un valore soglia molto basso.

Il Dott. Tom Jefferson, coautore ed epidemiologo presso il Center for Evidence-Based Medicine dell’Università di Oxford, ha dichiarato: “abbiamo scoperto che circa un terzo delle persone costrette all’isolamento probabilmente non ne aveva bisogno. La positività al tampone significa dire alle persone di dover bloccare per qualche tempo le loro vite, anche se in gran parte di questi casi non sono infettivi. È il caos assoluto. L’intera regolamentazione di questi test sembra essere sbagliata”.

Il Prof. Carl Heneghan, direttore del Center for Evidence-Based Medicine dell’Università di Oxford, ha dichiarato: “è profondamente preoccupante. Quando nella comunità circola più virus, il potenziale di contaminazione è ovviamente maggiore. Gli studi hanno dimostrato che le persone possono essere facilmente contagiate da un frammento virale. Il problema, però, è che il panico della pandemia ha fatto sì che si siano fatte scelte politiche ad una velocità mai vista prima e non le abbiamo esaminate per scoprire quali e quanto sono state basate sull’evidenza. Sapere con precisione chi è contagioso è incredibilmente importante per le persone che vivono la loro vita quotidiana, l’economia, la nostra vita sociale e il nostro benessere. L’impatto sull’economia è stato devastante, ed è chiaro che non possiamo permetterci di continuare a isolare le persone. I cittadini erano preoccupati e per questo presentavano ragionevoli richieste di libertà di informazione, ma hanno ricevuto risposte contraddittorie nel tentativo di spiegare un sistema caotico in termini di governance e regolamentazione”.

Lo studio sarà pubblicato sul sito web di Collateral Global, un ente di beneficenza impegnato nella ricerca sull’impatto delle misure Covid.

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