Guerra Ucraina, a rischio le forniture di gas in Europa: “per l’Italia sarebbe devastante, non abbiamo un piano B. Rischiamo di rimanere al buio”

Guerrra Ucraina, l'Italia rischia di rimanere al buio se si interrompe la fornitura del gas dalla Russia
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L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha reso il rischio di un blocco delle forniture di gas un’ipotesi non più irrealistica in un momento di grave crisi degli approvvigionamenti a livello europeo e globale. Le conseguenze di una interruzione dei flussi di gas che dalla Russia scorrono verso l’Italia tramite il sistema di gasdotti che attraversa l’Ucraina, noto come Bratstvo (Fratellanza), sarebbero disastrose, con l’importazione di gas naturale liquefatto (Gnl) quale unica opzione di breve per periodo per far fronte alla carenza. Intanto, il portavoce della compagnia energetica russa Gazprom, Sergej Kupriyanov, ha dichiarato che le forniture di gas dalla Russia attraverso l’Ucraina proseguono e anche l’operatore indipendente di impianti di stoccaggio del gas in Ucraina, Ukrtransgaz, starebbe lavorando regolarmente.

Non è concepibile pensare di rimanere senza gas dalla Russia“, ha dichiarato ad Agenzia Nova, Davide Tabarelli, fondatore e presidente di Nomisma Energia. “Non è ipotizzabile perché la Russia è il nostro principale fornitore di gas. Ci aiuta il fatto che stiamo uscendo dall’inverno. La domanda giornaliera sta crollando perché il clima è più mite e la domanda per il riscaldamento è molto bassa, ma pesa il sistema elettrico che su base annuale dipende per circa il 50% dal gas“, osserva Tabarelli. “Siamo il Paese più esposto al mondo ora. Speriamo che non interrompano i flussi“, ha aggiunto Tabarelli. Secondo il fondatore di Nomisma, il Paese deve fare il possibile per risolvere il problema nel medio termine e in queste lavorare per aumentare la flessibilità del sistema elettrico, producendo maggiormente dalle centrali a carbone.

Nel 2021 l’Italia ha consumato circa 76,118 miliardi di metri cubi di gas e di questi circa 29 miliardi sono stati importati dalla Russia, con una quota del 39% sulle importazioni totali (72,728%), secondo dati del ministero della Transizione ecologica (Mite). Il gas russo fluisce in Italia soprattutto attraverso il gasdotto Bratstvo e si allaccia alla rete nazionale tramite il passo del Tarvisio. Il secondo fornitore dell’Italia è l’Algeria, con una quota del 28,4% nel 2021 sul gas importato che approda in Sicilia a Mazzara del Vallo. Il Mare del Nord contribuisce ormai con una piccola quota (2,4%) così come il gas che proviene dalla Libia (4,3%, porta di ingresso a Gela). Nel 2021 ha avuto grande importanza il gas proveniente dai giacimenti dell’Azerbaigian trasportati tramite il gasdotto Tap, con un flusso di circa 7,5 miliardi di metri cubi, pari a circa il 10% delle importazioni totali.

Per quanto riguarda la produzione nazionale, secondo dati Mite, nel 2021 si è attestata intorno ai 3,34 miliardi di metri cubi di gas naturale, circa il 4,3% sul totale consumato nello scorso anno. Come osservato da Tabarelli, le tempistiche per il raddoppio della produzione nazionale si aggirano intorno all’anno, ma un ulteriore aumento è complesso a causa di ostacoli normativi. “Qualcosa si potrà fare – osserva – ma noi consumiamo 76 miliardi e ne produciamo tre, se portiamo a cinque o a sei non cambia molto“. Secondo Tabarelli, negli ultimi 12 anni non si è fatto molto per cercare nuove riserve di gas, con che potenzialmente potrebbero essere decisamente molto più alte (200-300 miliardi di metri cubi) rispetto alle stime ufficiali pari a 60 miliardi di metri cubi. In questo contesto il Gnl è divenuto negli anni una delle opzioni di breve periodo per l’importazione di gas naturale e che vede tra i maggiori esportatori Stati Uniti, Qatar e Australia. In Italia sono attivi tre terminal Gnl: Panigaglia (La Spezia) che ha una capacità di rigassificazione di circa 3,5 miliardi di metri cubi l’anno; Adriatic Lng con una capacità di 8 miliardi di metri cubi l’anno; il terminal galleggiante Fsru Toscana situato a circa 22 chilometri al largo delle coste tra Livorno e Pisa con una capacità di rigassificazione autorizzata di circa 3,75 miliardi di metri cubi.

Come sottolineato ad Agenzia Nova dal docente di economia delle risorse energetiche dell’Università di Torino, Massimo Nicolazzi, lo scenario di una interruzione dei flussi di gas dalla Russia, rappresenterebbe un durissimo colpo per l’Italia e per l’Europa. Infatti, sottolinea il docente, “un piano B per la sostituzione immediata dell’equivalente non esiste“. Al momento l’unica alternativa è quella di riuscire a intercettare i quantitativi di gas naturale liquefatto disponibili sul mercato, ma con una spirale dei prezzi altissima, ha osservato il docente dell’Università di Torino. In una dichiarazione ad Agenzia Nova, Lorenzo Giuglietti, analista dei settori di energia e sicurezza, sottolinea che l’Italia è fortemente dipendente dal gas naturale. Nel caso del gas importato dalla Russia, per ragioni logistiche gran parte proviene proprio dal sistema di gasdotti ucraini.

Una chiusura del gas in Ucraina ha dirette conseguenze per noi“, avverte l’analista. “Nel breve periodo non sarà facile sostituire il gas russo. Il gas naturale può essere sostituito con rinnovabili, gas importato da altri Paesi, altre fonti di energia, con una riduzione del consumo. Ma nel breve termine la riduzione del consumo è difficilmente pensabile, le risorse rinnovabili hanno bassa flessibilità e importare gas da altre regioni non riuscirebbe a far fronte al fabbisogno“, ammette l’analista. “L’unica soluzione – aggiunge – è una maggiore importazione di Gnl. Il più grande esportatore mondiale sono gli Stati Uniti. Il Gnl viaggia per nave e quindi servono infrastrutture per renderlo gassoso e immetterlo nel sistema nazionale“, sottolinea l’analista. “Questa è l’unica soluzione di breve periodo ed è avvenuta all’inizio di gennaio, ovvero all’inizio della crisi Ucraina con navi dirottate verso i nostri terminal che si recano verso mercati più con prezzi più alti“, ha affermato Giuglietti.

Il problema delle forniture riguarda anche gli altri Paesi dell’Europa. Nel 2020 la percentuale di gas russo sul fabbisogno europeo si aggirava tra il 43,44%, mentre nel primo trimestre del 2021, tale percentuale è salita al 47%. In Europa i Paesi maggiormente dipendenti dal gas russo, oltre all’Italia, sono anzitutto le Repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania), Bulgaria, Finlandia, Slovacchia e Slovenia che importano da Mosca circa il 90% del proprio fabbisogno di gas. Il gas russo affluisce in Europa attraverso tre grandi direttrici: Nord Stream 1, che parte dalla località russa di Vyborg e attraverso il Mar Baltico giunge Greifswald in Germania; Yamal che collega i giacimenti di gas naturale russi nella penisola di Yamal e nella Siberia occidentale con la Polonia e la Germania, attraverso la Bielorussia; e il sistema di gasdotti realizzato in Ucraina noto come Bratstvo che trasportano il gas naturale russo verso Bielorussia da un lato, e verso Polonia, Romania, Moldova, Ungheria e Slovacchia dall’altro. Il Nord Stream 1 trasporta in media 55 miliardi di metri cubi all’anno di gas (Bcm), Yamal ha una capacità di 39 Bcm, mentre il sistema ucraino ha una capacità di 146 Bcm all’anno, ma è utilizzato al 50 per cento con flussi che in questi anni sono stati dirottati principalmente sul Nord Stream 1 e Yamal.

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