Un gruppo di ricerca dell’università di Edimburgo ha analizzato quelli che sono considerati i resti fossili del più grande pterosauro vissuto nel Giurassico: aveva un’apertura alare di 2,5 metri e il suo ritrovamento fa spostare indietro di almeno 25 milioni di anni la comparsa di ali di queste dimensioni grandi.
I dettagli dello studio sono stati pubblicati su Current Biology.
A scoprire i resti di questo rettile è stata, 5 anni fa, l’allora studentessa Amelia Penny, oggi ricercatrice all’università St Andrews in Scozia, lungo una spiaggia dell’isola di Skye.
Le analisi hanno stabilito che i resti sono di un giovane esemplare di una nuova specie ribattezzata Dearc sgiathanach, un nome derivato dal gaelico, da un gioco di parole che vuol dire “rettile volante” e allo stesso tempo “rettile di Skye”.
I resti risalgono a 170 milioni di anni fa, al Giurassico, ben prima della comparsa degli pteroasauri più noti, come il Quetzalcoatlus che aveva un’apertura alare che raggiungeva gli 11 metri.
Lo pterosauro appena scoperto poteva raggiungere i 2,5 metri di apertura alare ma è vissuto circa 100 milioni di anni prima di questi giganti e secondo gli autori dello studio è stato probabilmente il più grande animale volante della sua epoca.
“Dearc sgiathanach è il più grande pterosauro che conosciamo del periodo giurassico e questo ci dice che gli pterosauri sono diventati più grandi molto prima di quanto pensassimo, molto prima del periodo cretaceo quando erano in competizione con gli uccelli, e questo è estremamente significativo,” ha affermato il professor Steve Brusatte, paleontologo della School of GeoSciences presso l’Università di Edimburgo e il National Museums Scotland.