Quando Di Maio & Co. hanno deciso, nonostante l’inesperienza politica, di provare a risollevare le sorti dell’Italia c’era chi, tra i sostenitori del movimento nato sotto il motto del “Vaffa“, diceva: “Non giudicateli troppo presto. Sono ragazzi! Lasciamoli lavorare“. E il Paese ci ha creduto, facendoli arrivare al governo a clamor di popolo. Nel corso di questi anni quella inesperienza si è prepotentemente resa evidente in diverse occasioni, ma si sa: siamo in Italia e l’arte dell’arrangiarsi fa quasi parte del Dna di questo popolo. Dunque, li abbiamo lasciati lavorare.
Ora, però, abbiamo una feroce guerra in corso appena fuori dalla nostra porta d’ingresso. Una guerra che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe sfociare in deflagrazione nucleare. Sarebbe la fine per milioni di persone. Ovvio che, da più parti, si sta lavorando proprio per evitare questo epilogo, ma gli animi nell’Europa dell’Est, lungi dal placarsi, sono sempre più caldi e tesi.
L’Europa, o meglio la sua parte occidentale, ha deciso di isolare la Russia per far sì che Vladimir Putin, sentendosi il fiato del mondo sul collo, indietreggi e abbandoni l’idea di voler spadroneggiare in Ucraina come se dal 1990 ad ora non sia cambiato nulla. Si tratta però di una decisione pericolosa e delicata, e ogni nazione ne è consapevole: le sanzioni e l’isolamento potrebbero portare Putin a decidere di utilizzare ancor di più il pugno duro contro chiunque possa essere visto come un nemico. Il momento è critico e in questo frangente la diplomazia è tutto.
In questo quadro così instabile, dunque, appare alquanto bizzarra, per non dire fuori luogo e ‘provincialotta’, la dichiarazione rilasciata ieri dal nostro Ministro degli Esteri, Luigi di Maio, che nel corso del programma DiMartedì, in onda su La7, si è lasciato andare a frasi che definire non diplomatiche è come usare un eufemismo.
Giovanni Floris ha chiesto a Di Maio: “C’è un proverbio popolare in Italia ‘Quando picchi il cane lasciati la porta della stalla aperta dietro perché gli devi dare l’occasione di scappare’. Qual è l’occasione che viene data a Putin?“. Un quesito cruciale al quale Di Maio, per tutta risposta, ha sentenziato: “Guardi, io sono animalista e penso che tra Putin e qualsiasi animale ci sia un abisso e sicuramente quello atroce è lui“. Pubblicamente, dunque, durante un’intervista televisiva in diretta, un Ministro degli Esteri ha definito Putin una bestia della peggior specie. Ora, se lo avesse detto chiunque, magari chiacchierando in un bar o nel salotto di casa propria, in molti si sarebbero anche potuti trovare d’accordo, ma il fatto che ad averlo detto sia colui che, nel nostro Paese, dovrebbe mettere in campo tutta la diplomazia possibile per cercare di trainare l’Europa verso la fine di quest’incubo, lascia basiti. Per usare un eufemismo.