Endometriosi: in Italia a rischio infertilità oltre 3 milioni di donne, la malattia spesso diagnosticata troppo tardi

Una delle maggiori sfide in sospeso che riguarda l’endometriosi è la diagnosi precoce della malattia
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Dolore pelvico cronico, forti disturbi durante il ciclo mestruale, i rapporti sessuali, la minzione o la defecazione, sofferenze fisiche ma anche emotive e psicologiche. Sono questi i principali sintomi, spesso sottovalutati, di chi soffre di endometriosi. Secondo il Ministero della salute, oggi in Italia 3 milioni di donne e 170 milioni nel mondo sono a rischio infertilità a causa di questa patologia perché spesso sottovalutata o diagnosticata troppo tardi: è questo il grido di allarme di IVI, clinica specializzata nella riproduzione assistita, che ha deciso di mettere in campo una campagna informativa, in particolare sui social, per porre fine ai silenzi e ai miti associati a questa patologia.

“Per diversi anni i medici valutando i miei sintomi continuavano a diagnosticarmi una colite ulcerosa, o patologie gastrointestinali. Solo dopo 3 anni e mezzo dalla comparsa del primo sintomo, una gastrointerologa più minuziosa a seguito di alcune semplici domande mi ha spiegato che sarebbe potuta essere endometriosi. E, a un mese da quelle parole sono stata operata d’urgenza per resezione intestinale, perché l’endometriosi aveva praticamente sostituito parte del mio colon, stringendolo in una morsa,” afferma Federica, ex paziente IVI affetta da endometriosi – l’intervista completa è stata pubblicata sugli account ufficiali di Instagram e Facebook di IVI Italia.

Una delle maggiori sfide in sospeso che riguarda l’endometriosi è, infatti, la diagnosi precoce della malattia, poiché, sebbene inizi a svilupparsi con l’inizio delle mestruazioni regolari, la diagnosi arriva in ritardo perché di solito non viene rilevata fino a un decennio dopo aver causato i primi sintomi, quando la paziente ha già più di 25 anni. E, se non trattata, una delle principali conseguenze di questa malattia può essere correlata a futuri problemi di infertilità nella paziente.

In Italia almeno una donna su dieci nella propria vita, si è sentita dire che il dolore pelvico lancinante è “normale” per essere una donna. Ma non è un forte dolore mestruale. L’endometriosi è molto più di questo ed è importante che sia professionalmente che socialmente si impari a misurare il suo impatto sulla qualità della vita per porre fine all’incomprensione subita dalle pazienti, alla sottodiagnosi e alla sottovalutazione dei sintomi. Per questo IVI, ha deciso di avviare una campagna di sensibilizzazione tramite i suoi Social network: una serie di appuntamenti informativi a cadenza settimanale per parlare di questa patologia, con approfondimenti di esperti, testimonianze di ex pazienti e tante informazioni utili. IVI vuole trasmettere come si sentono le donne che vivono con questo disturbo o che sono in fase di diagnosi, fornendo loro risorse informative per rispondere alle loro domande e incoraggiandole a condividere le loro storie sui social media per porre fine ai tabù che hanno portato molte di loro a vivere in solitudine la malattia, sopportando il peso della sofferenza fisica e delle gravi ripercussioni sia emotive che psicologiche.

“C’è troppo silenzio sul corpo femminile, ed è questo silenzio che rischia di minimizzare i sintomi e le conseguenze legate all’endometriosi, una patologia altamente invalidante, sia dal punto di vista fisico che psicologico. È vero, non esiste una cura, ma esistono soluzioni per prevenire la progressione della malattia, per controllare gran parte dei sintomi e prevenire conseguenze come l’infertilità. Proprio per questo è fondamentale che ci sia informazione e comprensione della malattia non solo a livello sociale ma in primo luogo sanitario per evitare che le donne si perdano in una spirale di diagnosi errate” afferma Daniela Galliano, direttrice di IVI Roma.

Federica era consapevole che una delle conseguenze associate all’endometriosi poteva essere l’infertilità, infatti dopo il primo intervento, a seguito di esami di screening, ha scoperto che all’età di 30 anni la sua riserva ovarica era drasticamente bassa e di conseguenza sarebbe stato molto difficile riuscire ad avere un bambino senza il supporto di tecniche di procreazione assistita. “Con IVI ho trovato un punto di riferimento, i medici sono stati sempre molto attenti non solo al mio percorso di procreazione assistita ma in primo luogo alla mia malattia e ad oggi sono incinta del mio primo bambino” conclude raggiante Federica.

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