Sparare sulla cupola del reattore nucleare, significherebbe ”ripetere Chernobyl. Quando ci fu nell’86 Chernobyl, la cupola esplose e tutto il materiale radioattivo fu sparato a decine di km arrivando fino all’Italia. Se la centrale atomica venisse colpita per sbaglio, il rischio di un Chernobyl 2.0 sarebbe reale“: lo ha dichiarato all’AdnKronos Maurizio Martellini, fisico nucleare, professore all’Università dell’Insubria presso il Dipartimento di Scienza e alta tecnologia. “Non ci sarebbe un ‘effetto Hiroshima‘ ma casi di radioattività e malattie legate alle radiazioni, un numero di tumori crescente e una ripetizione di Chernobyl. E questo lo sanno sia i russi che gli ucraini“.
Martellini ha spiegato di non essere particolarmente preoccupato dal rischio di un attacco volontario alla cupola del più grande reattore in Europa: ciò che invece teme è “che Putin, sentendosi accerchiato e sconfitto in quella che temo sarà una guerra lunghissima, possa usare armi nucleari“.
In merito all’aumento dei livelli di radioattività nell’area, l’esperto ha confermato: “Nella zona cosiddetta di proibizione il suolo è ancora radioattivo, a macchia di leopardo. Con i movimenti che ci sono stati con la linea di avvicinamento a Kiev si è sollevato il pulviscolo radioattivo. Per quello che concerne il reattore stesso, l’aumento della radiazione è perché la reazione nucleare non è finita“.
“Il fall out radioattivo di Hiroshima e Nagasaki fu estremamente inferiore rispetto a quello di Chernobyl o Fukushima. Un ordigno nucleare non riesce a ‘fissionare’, fare reazione nucleare, su tutto il materiale, solo per l’1 o 2%. Non forma isotopi particolarmente cattivi per la salute umana. Ovviamente, date le temperature che si raggiungono e la pressione atmosferica altissima, chiunque nel raggio di esplosione perisce, ma dal punto di vista radiologico è molto peggio un incidente in una centrale nucleare,” ha spiegato all’AdnKronos Martellini. “Purtroppo, le armi nucleari oggi sono più presenti di quello che si dice,” ha sottolineato Martellini. ”Durante la guerra fredda americani e russi avevano testato, e anche un nostro corpo di alpini le aveva in dotazione, armi nucleari chiamate ‘tattiche’, da uso in campo di battaglia, di pochi chilotoni. I russi queste armi le hanno, gli americani no, e sono da usarsi in un conflitto convenzionale per distruggere bunker, terrorizzare i nemici… la temperatura che si raggiunge è di milioni di gradi centigradi, e pressioni a confronto delle quali i tornado sono brezze marine”.