A sud delle Alpi la stagione invernale 2021/22 verrà ricordata soprattutto per le temperature elevate e per la scarsità di precipitazioni. Una recente analisi di MeteoSvizzera, Arpa Piemonte e Arpa Lombardia ha rilevato un’anomalia di temperatura di ben +2,1 °C rispetto alla norma 1991-2020, mentre per le precipitazioni si registra un deficit medio del 65%. Ecco tutti i dettagli dell’analisi.
Temperature molto miti, soprattutto nei valori massimi e in montagna
La distribuzione delle anomalie di temperature massime giornaliere medie della stagione invernale 2021/22 per 31 stazioni di rilevamento in Lombardia, Piemonte, Canton Ticino e Canton Grigioni mostra come i valori siano stati più elevati in area appenninica, alpina e prealpina. Sulla Pianura Padana, invece, l’anomalia risulta generalmente meno marcata. Le anomalie di temperatura minima sono generalmente inferiori rispetto a quelle delle massime, con valori anche negativi sulle zone pianeggianti. La presenza di frequenti condizioni di inversione termica, spesso accompagnata da nebbie in pianura, è la causa delle temperature più basse registrate sulla Pianura Padana rispetto alle zone montuose. Inoltre, nelle vallate alpine ha sovente soffiato sovente il favonio, innalzando le temperature a valori ben superiori alla norma.
Precipitazioni scarse
Le anomalie delle precipitazioni risultano più marcate sulla pianura piemontese, che non ha potuto beneficiare delle pochissime perturbazioni transitate durante l’inverno soprattutto a causa di un persistente e marcato blocco anticiclonico sull’Atlantico. Sul versante sudalpino svizzero e lombardo, invece, sono state registrate precipitazioni un po’ meno scarse, laddove le correnti meridionali sono state in grado di generare un lieve effetto di sbarramento a ridosso della catena alpina.
Anche alcune stazioni piemontesi di confine hanno misurato quantitativi di precipitazione un po’ più abbondanti rispetto alle altre stazioni, grazie alle precipitazioni trasportate oltre la cresta alpina principale dalle forti correnti nordoccidentali che si sono susseguite nel corso della stagione.
Negli ultimi 30 anni mai così mite e secco
Ponendo sullo stesso grafico le anomalie rispetto alla norma 1991-2020 della temperatura invernale (asse verticale) e del quantitativo totale delle precipitazioni (asse orizzontale) per tutti gli inverni a partire dal 1990/91, mediate sulle 31 stazioni di rilevamento analizzate, possiamo fornire una classificazione qualitativa e quantitativa delle caratteristiche di questo inverno rispetto agli ultimi anni.
Come si può notare, in Lombardia, in Piemonte e sulla Svizzera italiana negli ultimi trent’anni un inverno così mite e secco non si era mai verificato. Si ottengono le medesime considerazioni anche allargando l’analisi a tutto il secolo scorso, seppur considerando un numero minore di stazioni di rilevamento.
Simile a questo fu l’inverno 2018/19, particolarmente mite e secco, ma con anomalie non così marcate come la stagione appena conclusa. L’inverno 2019/20 aveva fatto registrare temperature ancora più elevate, ma allora le precipitazioni furono vicine alla media stagionale.
Anche l’inverno 2013/14 è stato piuttosto mite, ma le precipitazioni superarono il 250 % del quantitativo normalmente atteso.
In tempi recenti inverni molto freddi furono invece il 2005/06 e il 2009/10, caratterizzati anche da precipitazioni attorno alla norma o superiori ad essa.
L’inverno più freddo e secco degli ultimi 30 anni è stato invece quello del 1990/91.
Inverno ventoso
L’inverno 2021/22 è stato caratterizzato anche dal numero elevato di giornate favoniche. Nella zona prealpina ticinese il numero di ore di favonio è stato di circa 300, valore superiore alla norma 1991-2020 di circa il 70 %.
In Piemonte gli eventi di favonio in questa ultima stagione invernale si sono verificati con una frequenza doppia rispetto alla media del periodo 2000-2020: in totale, vi sono state 48 giornate favoniche. A titolo di confronto, lo scorso inverno furono 20, nel 2019/20 36, nel 2018/19 40, e solo nell’inverno 2012/13 furono superati i 40 giorni arrivando ad un totale di 42.
Il 7 febbraio il sud delle Alpi ha vissuto uno degli eventi di favonio più intensi degli ultimi anni, con raffiche di vento tra 60 e 90 km/h che hanno colpito buona parte della pianura. Particolarmente colpita la città di Milano, dove le raffiche hanno raggiunto i 95 km/h nell’area del Parco Lambro, un valore mai raggiunto nel capoluogo lombardo negli ultimi 10 anni.
Le valutazioni sono state realizzate nell’ambito del Progetto GESTI.S.CO: Gestione delle emergenze senza confini per la governance delle emergenze transfrontaliere.