Gettata nuova luce sull’evoluzione umana e la comparsa dell’Homo sapiens: prime prove per la lavorazione dell’ocra in Asia orientale

Un'equipe di ricercatori ha preso in esame la prima prova conosciuta della lavorazione dell'ocra nell'Asia orientale, riportata in uno studio su Nature questa settimana
MeteoWeb

L’Homo sapiens era presente nell’Asia settentrionale circa 40.000 anni fa, avendo sostituito le popolazioni arcaiche in tutta l’Eurasia, in seguito ad espansioni e incroci. Per fare maggiore luce su questi passaggi ed evoluzione, un’equipe di ricercatori ha preso in esame Xiamabei, un sito archeologico ben conservato, di circa 40.000 anni fa,
nel nord della Cina, che comprende il più antico conosciuto repertorio di oggetti che riportano alla lavorazione dell’ocra nell’Asia orientale, un caratteristico assemblaggio litico miniaturizzato con strumenti a forma di lama recanti tracce di impugnatura e uno strumento in osso.

Si tratta della prima prova conosciuta della lavorazione dell’ocra nell’Asia orientale, riportata in uno studio su Nature questa settimana. L’uso di questo pigmento è associato a comportamenti simbolici che sono nella cultura umana odierna. I risultati, compresi gli strumenti miniaturizzati, da un sito nel nord della Cina sono unici per l’Asia orientale e forniscono nuove informazioni sull’espansione dell’Homo sapiens.

Le attuali prove archeologiche suggeriscono che H. sapiens fosse presente nell’Asia settentrionale almeno 40.000 anni fa. Tuttavia, gli adattamenti culturali presenti all’epoca sono rimasti sconosciuti.

Shi-Xia Yang e colleghi riportano la scoperta di materiali per la lavorazione dell’ocra insieme a un assemblaggio di strumenti innovativi datati circa 40.000 anni fa a Xiamabei, un sito appena scavato e ben conservato nel bacino del Nihewan, nel nord della Cina. I pezzi di ocra trovati nella zona mostrano che diversi tipi di ocra venivano lavorati mediante abrasione e martellatura per produrre polveri di diversi colori e granulometrie. L’assemblaggio di strumenti in pietra, che comprende 382 manufatti, dimostra capacità tecnologiche nuove e complesse, come la miniaturizzazione (quasi tutti i pezzi sono inferiori a 40 mm e la maggior parte sono inferiori a 20 mm) e l’hafting (un processo mediante il quale un manufatto viene attaccata a una maniglia o a una cinghia).

Gli autori notano che l’insieme dei tratti culturali a Xiamabei è unico e non corrisponde a quelli trovati in altri siti archeologici abitati da popolazioni arcaiche, come i Neanderthal e i Denisoviani, oa quelli generalmente associati all’espansione di H. sapiens. Suggeriscono che ciò potrebbe riflettere un’iniziale colonizzazione da parte degli esseri umani moderni, che potenzialmente implica un mescolamento culturale e genetico con i Denisoviani locali, che forse furono sostituiti da un secondo arrivo successivo. Yang e coautori sostengono che i risultati supportano uno scenario evolutivo complesso per l’espansione dell’Homo sapiens, che coinvolge episodi ripetuti ma differenziali di scambio genetico e culturale su vaste aree geografiche.

Condividi