I prezzi del petrolio potrebbero arrivare a 300 dollari al barile se il greggio russo venisse rifiutato dall’Occidente. Lo ha detto il vice-premier russo, Alexander Novak, definendo tuttavia tale ipotesi come “improbabile“. Novak, riporta la Tass, ha poi aggiunto che “per il momento è impossibile che l’Europa si privi di gas e petrolio russi“. Novak ha spiegato che la Russia proverà a mantenere i suoi volumi di esportazioni di greggio ma al contempo proverà a diversificare le proprie rotte di fornitura. Il vice premier russo ha poi rassicurato l’occidente spiegando che Mosca non ha intenzione di tagliare la produzione di petrolio.
L’eventuale embargo sulla fornitura di petrolio russo scuoterà il mercato globale ed influirà gravemente sugli equilibri energetici europei. Lo ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, in un briefing, spiegando che “una decisione del genere colpirà tutti“. “Allo stesso tempo, gli statunitensi rimarranno soli, questo è ovvio. E staranno molto meglio degli europei, che saranno in difficoltà“, ha sostenuto Peskov, rispondendo alla domanda su quanto sia realistica l’introduzione di tale embargo e quali misure la Russia sia pronta a prendere al riguardo.
Novak ha anche spiegato che l’impatto della decisione di Stati Uniti e Regno Unito di rifiutare le importazioni di petrolio e prodotti petroliferi russi “è insignificante per la Russia, poiché le forniture a questi Paesi erano scarse. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, abbiamo fornito loro il 3% di tutte le nostre esportazioni di petrolio e il 7% di prodotti petroliferi“, ha spiegato Novak. L’8 marzo, gli Stati Uniti hanno annunciato il divieto di importazione di greggio, nonché di una serie di prodotti petroliferi, gas naturale liquefatto (Gnl) e carbone dalla Russia. In seguito, il Regno Unito ha annunciato che entro la fine del 2022 porrà fine alle importazioni di petrolio e prodotti petroliferi dalla Russia.
Il prof. Tabarelli: “inflazione galopperebbe al 14%, non possiamo farci così male”
Definisce l’eventuale fissazione di un tetto Ue ai prezzi per l’energia un “intervento a gamba tesa della politica, ma necessario“, mentre non nasconde la preoccupazione nel caso di uno stop da Mosca o dall’Europa al gas russo, Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia e professore di economia all’Università di Bologna, in una intervista a Il Messaggero. Nel caso di una chiusura dei rubinetti, sostiene, “i prezzi esploderebbero visto che lo stop sarebbe da tutta l’Europa. Il gas supererebbe i 300 euro per megawattora e si aggiungerebbe il carburante – sottolinea – : si rischia la benzina a 3 euro con il petrolio tra 200 e 300 dollari al barile. L’inflazione andrebbe ben oltre il 14%. Non possiamo farci così male. La scelta è politica, ma dobbiamo conoscerne il prezzo“. Secondo Tabarelli bisogna “usare da subito il carbone, anche il legname per il riscaldamento, razionare i consumi e sperare nel gas che sta cercando il governo“. La priorità è poi “riempire gli stoccaggi. Credo che vada detto, però, che a sette mesi dall’inizio della spirale dei prezzi, la situazione non è cambiata nei flussi verso l’Europa. Anzi, dal 24 febbraio sono aumentati. E non c’è molto gas in giro per il mondo. Altrimenti lo avremmo utilizzato e i prezzi non sarebbero stati questi. Dunque, spero che la diplomazia sia arrivata a risultati insperati. Ma trovare a breve 15 miliardi di metri cubi di gas sui 29 attuali di Mosca, mi sembra ottimistico. Anche se fosse così, dovremmo comunque razionare i consumi. Se non lo fa la politica, lo fa il mercato“.